FRATTANTO IL MARE di Enzo Mellia

collezione Centovele

anno 2011

ISBN 978-88-6282-078-3

Immaginiamo le Mille e una notte versate in canto lirico minimalista. Un minimalismo che abbia digerito la lezione degli Hemingway e dei Cheever, che abbia superato l’incisiva laconicità d’un Raymond Carver e di Ann Beattle, anticipato il Davide Leavitt (classe 1962) e il californiano Brett Easton Ellis (classe 1967). Trasferiamo l’ipotesi in un caso letterario attuale di assoluta originalità, a prova di uno stile personale, riconoscibile ad apertura di pagina, e in contenuti di abbaglianti aure mediterranee: avremo una prima approssimazione alle duecento liriche di “Frattanto il mare”, opera letteraria dell’esordiente Enzo Mellia; il quale non lesina una significativa didascalia al titolo, aggiungendo: “Racconti brevi… forse”. Ora il punto da cui ripartire, una volta percorsa per intero questa affabile odissea melliana, potrebbe essere proprio uno specioso appulcrare sul dubbio che insinua il sottotitolo “Racconti brevi… forse”, come a volere, o dovere, distinguere il racconto, l’invenzione narrativa dalla poesia; distinzione improbabile da stabilire quando la resa letteraria ha vestito di tensioni e ritmi i momenti di una coinvolgente creatività artistica. Poesia infatti è creatività, e ben venga sotto l’auspicio del racconto breve. Specialmente se la brevità va a cavalluccio della sintesi espressiva, che colloca le parole come tessere di un mosaico, seguendo un disegno essenziale, tessere che una volta accostate non potranno più essere espunte né sostituite. Lemmi, quelli di Mellia, collocati con magica efficacia artistica, con una dimostrazione di essenzialità che s’apparenta alla reticenza, cioè a uno dei pilastri angolari di ogni poesia: “Dietro i vetri / lo guardi / è bianco / contrasto di volta dorata / zampillano canti.” O altrove: “Lo rincorse / falcando la sabbia / l’acqua / riempì / le sue orme.” O ancora per una spontanea rinuncia: “Si voltò / lasciò alle spalle / per desiderio di lei / la nave e il mare.”Insomma, in Enzo Mellia la parola è definitiva e s’appropria del proprio diritto alla polisemia, dimostrando di non essere solo piuma ma velocità di volo, in omaggio alla intuizione di Paul Valery: “Bisogna essere leggeri come il volatile e non come la piuma”. È un volo infatti la scrittura di Enzo Mellia, agile, armoniosa, affabile nella resa di sentimenti e gioiose combinazioni di vigilie, casualità e memoria come per un ricomporsi e ricrearsi di colori nel caleidoscopio dei momenti di ogni vita umana, sempre a sorpresa, per lasciare al canto lirico la libertà di rianimare incontri, riviverli e farli rivivere. Si deve infine aggiungere agli spunti dell’originalità melliana quelli della assenza di ansie e malinconie. In “Frattanto il mare” vibrano vivacità che attingono alle sorgenti imprescindibili dell’amore, e con spontanea dolcezza. Una odissea di sentimenti che celebrano gioia di vivere modulando su registri ogni volta nuovi, capaci di ammaliare con la disinibita umiltà di chi non ha bisogno di imbellettarsi per mostrare attraverso lo specchio fedele della scrittura delicatezza e ricchezza della propria anima (Cfr. Mario Grasso in La Sicilia del 22 – 02 – 2012).

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