Questo articolo risale a un anno fa, febbraio 2023, ma conserva una sua carica predittiva e una analisi tuttora valida del dramma Ucraina-Russia: ecco perché desidero proporlo ai lettori di Ebdomadario. Anche in nome di Mario Grasso, con cui negli anni tra il ’69 e il ’71 discutevamo appassionatamente di Unione Sovietica.
Se Valentino Bompiani, editore sicuramente non di sinistra, si decise a pubblicare nel ’62 il ponderoso libro di Luca Pietromarchi ambasciatore d’Italia a Mosca (ma ex fascistissimo collaboratore di Ciano) “Il mondo sovietico”, contenente giudizi del tipo “ quando ’Unione Sovietica sarà diventata la prima Potenza economica del mondo, sarà al tempo stesso la prima Potenza politica e militare”, o vaticinare che “solo quando l’Europa sarà unita verrà a porsi per la Russia l’alternativa: o insistere nella sua politica di egemonia continentale, o avviare con essa una proficua collaborazione”, significa che la visione di allora era di indubbia ammirazione per quello Stato così composito e nuovo, ma anche di una certa dose di scetticismo riguardo casa nostra. Sul piano della cultura e della sensibilità, lo stesso autore si spende qualificandole come “riflesso dell’infinita pazienza e tolleranza proprie della natura russa nel senso della fratellanza umana che negli scrittori più rappresentativi, Tolstoj e Dostoevskij, assurge alla tragica commiserazione delle sorti comuni”.
Chi, oggi, sottoscriverebbe questi giudizi ai limiti dell’entusiastico? La verità è che si vive costretti da sempre in un clima di alimentata confusione e ogni onesto ben-pensante sarebbe disposto a sottomettersi a una qualsiasi autorità, Dio, l’Onu… pur di capire dal proprio minuscolo osservatorio che fare, e intuire le reali intenzioni dei potenti. La Russia, tanto per rimanere in argomento, è passata dalla “coesistenza competitiva” con l’Occidente come la battezzò Khruscev, al deprimente processo di liquidazione delle tracce di socialismo ancora esistente con Gorbacev, che in sintonia con Giovanni Paolo II schiudeva illusoriamente una nuova stagione di libertà nell’oriente europeo senza preoccuparsi della tenuta democratica, per riaprire nuovamente la strada alla tendenza tipicamente zarista con Putin; come scriveva l’ottimo geografo Pierre George nel ’72 “ l’impero russo, fondato sulla conquista militare, era un impero centralizzato russo.Gli altri due gruppi slavi godevano di un trattamento un poco privilegiato, sebbene l’Ucraina fosse sempre strettamente sorvegliata”. A incrementare la confusione (non ho remora a dirlo e me ne assumo la responsabilità) nel ’54 viene creato un grave precedente “donando” la penisola di Crimea all’Ucraina come gesto di internazionalismo che valga a contrastare l’egoismo europeo e occidentale, ma pur sempre all’interno di un sicuro sistema di sicurezza, che oggi viene ribadito dalla pretesa di restituzione della stessa Crimea e del Donbass. Ancora un ultimo esempio di babele storica: la Russia reca ancora sui suoi aerei di bandiera il simbolo della falce e martello e fa sfilare, come ha fatto lo scorso novembre, i reparti militari con gli stessi simboli per celebrare la vittoria contro il nazismo. Chi si accorse una sessantina d’anni fa dell’imbroglio e con l’energia tipica mise in guardia il mondo ? I giovani, solo i giovani, che com’è nel processo naturale degli eventi non furono ascoltati e di essi resta solo un racconto mitico, che si cerca di minimizzare. Avevo sedici anni nel ’68, e costruendo da solo, in una cittadina di provincia, senza l’aiuto di esperienti padri, un’idea che si legasse strettamente alle fonti, quindi conducendo uno studio e un aggiornamento difficilissimi visti i mezzi a disposizione, nel momento stesso in cui restavo ammirato della rivoluzione russa, mi rendevo conto che essa era già stata messa in soffitta. Con questa riserva di esperienza non mi fu difficile comprendere poi dove avrebbe portato il rinnovamento di Gorbacev (e di Wojtyla) e che i guai per l’Europa erano ancora solo all’inizio. Oggi mi chiedo (e mi rispondo) che scenario si aprirà tra un anno o poco più: a parte che, sempre parlando di confusione, non giustifico minimamente la Brexit e la ostentata gara asimmetrica di aiuto all’Ucraina con l’Europa, ed è questione che gli USA non possono ancora disinvoltamente utilizzare; se non sia giunto il momento di rafforzare con un concorso straordinario l’ONU e modificare il senso e la composizione del Consiglio di sicurezza; pensare anche al futuro, che dev’essere obbligatoriamente democratico, pena nuove sofferenze in Europa, dell’Ucraina la quale uscirà da questa guerra come nuova potenza militare, e assicurarsi che assieme alla Polonia costituisca un polo mai interessato all’egemonia; infine, ma solo per rimandare a futuri ragionamenti, ricitando PIerre George porsi il problema, a livello mondiale, della immane estensione dello spazio russo, che se è per quello Stato un fattore “di ricchezza e di sicurezza, è anche la fonte di numerosi problemi nell’organizzazione della vita economica, della difesa del territorio e per il costo delle operazioni di sfruttamento e valorizzazione”. La Russia, purtroppo, è in grado, per l’attingimento continuo di risorse in modo disordinato dal suo immenso territorio, e per la sottovalutazione della preziosità dell’elemento umano, di coinvolgere alcuni milioni di soldati nell’attacco a ovest, e ciò va ideologicamente, innanzitutto, respinto. La Russia, in fin dei conti, è grande, come nazione, quanto l’Italia e la Germania messe insieme: non può continuare a figurare come superpotenza vivendo di rendita.
Nella foto: “Carta dell’Ucraina Produttiva nel 1975, del geografo Pierre George”