IPPOLITO NIEVO: VERISMO DI UN PRECURSORE (di Mario Grasso)
anno 2021
pagg. 110
nota editoriale di Laura Rizzo
Con questo suo nuovo saggio, che segue lo studio analitico critico sulla personalità e l’opera narrativa Horcynus Orca di D’Arrigo: “C’era una volta un certo Stefano D’Arrigo di Alì Marina”, edito nel 2020 dalla palermitana Torri del vento, Mario Grasso, coralmente riconosciuto decano dei poeti italiani contemporanei, propone, come corollario di un ampio e aperto riepilogo di inoppugnabili testimonianze dimostrative, una deduzione che assegna a Ippolito Nievo la qualifica di precursore dell’età del Verismo. Materia di confronti sono le opere di narrativa giovanili dello scrittore friulano e segnatamente il romanzo “Il conte pecoraio” e le “Novelle campagnuole”. Grasso fa notare la evidenza di Verismo ante litteram nelle opere citate e aggiunge la dimostrazione della garbata presa di distanze dal capolavoro manzoniano, che Nievo esalta citando momenti e brevissimi brani de
I promessi sposi, contrapponendovi, magistralmente, il positivismo-realismo nel quale sono immersi personaggi del Conte pecoraio, tra rassegnazione e assoluta disillusione rispetto a qualsiasi “Provvidenza” o altro placebo di spiritualismo. È la continuazione in Italia a opera del giovane Nievo, di quanto avveniva da un paio di decenni in Francia con la narrativa di Zola, Daudet, Sand e Flaubert. La prematura morte tra i flutti del mar Tirreno dell’autore che sarebbe divenuto noto per “Le confessioni di un italiano”, il romanzo, pubblicato dopo sei anni dalla sua tragica morte, non ha giovato alla conoscenza approfondita delle sue opere giovanili, anche se, come per il “Conte pecoraio”, oggetto di studi eccellenti di altrettanto eccellenti critici di prim’ordine, le cui conclusioni Mario Grasso non si sporge a contestare, proponendo, come documentata ipotesi le deduzioni dei propri confronti analitici. (L.R.)
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