E rimasero sorpresi (di Maria Giovanna Augugliaro)

racconti

prefazione di Massimo Borghesi

Collana Sale d’attesa

pagg.81

2019

ISBN 978-88-6282-224-4

Sono spesso triste. Non oggi, non ora, però.

Oggi l’espressione spenta da larva si è tramutata in stupore.

Ho visto una grus grus spiccare il volo.

Che meraviglia!

 

Della stessa Autrice, in edizione Prova d’Autore:

  • “L’anagramma della vita” (2016)
  • “Schizzi” (2018).

 

18 reviews for E rimasero sorpresi (di Maria Giovanna Augugliaro)

  1. Patrizia Sciré

    Avevo letto il libro, quasi interamente, e l’ho ripreso, in questi giorni, per finire di leggerlo. E sono rimasta… “sorpresa”! In questi racconti c’è tanta realtà con il suo peso, il suo dolore, la sua contraddizione, fino a diventare insopportabile, ma dentro tutto questo l’autrice traccia un percorso segnato da incontri, volti, parole, capaci di aprire squarci di luce, svelare sguardi che leggono in profondità, che amano con gratuità fino al punto di poter guardare “la realtà, quella bella e quella brutta. E anche il male senza più paura.” Bisogna aver visto qualcosa di “divino” per arrivare a questo.
    La frase che mi è rimasta più impressa? Quel sussurro: “Stai tornando… è la cosa più importante”.

  2. Paolo Antonucci

    La sorpresa della vita che riprende: è questo il fil rouge della raccolta di racconti “E rimasero sorpresi”. Già la suggestione evangelica del titolo ci suggerisce che la vita ricomincia a scorrere dopo un grande lutto o una grande perdita, sorprendendo e sorprendendoci. Il dolore diventa occasione di cambiamento interiore e si trasforma in abbrivio. E sorprendenti sono le nuove occasioni che la vita offre al nuovo inizio.

  3. Enza Rita Pirruccio

    “Emozionante e profondo… Uno specchio dentro il quale scruti il profondo “Io”, ed emergono emozioni che la quotidianità ti obbliga, in qualche modo, a tenere celate dentro… Si legge d’un fiato.”

  4. Patrizia Arena

    Appena ho iniziato a leggere le prime righe ho chiuso immediatamente il libro, ho avuto il timore di scavare nell’intimo della scrittrice. L’ho riaperto e letto tutto d’un fiato, mi ha emozionato tantissimo, temendo di aver trascurato qualche particolare o non averlo compreso l’ho riletto. Consiglio a tutti di leggerlo poiché conduce a leggere la propria anima

  5. Franca Rizzo

    “E rimasero sorpresi” è la terza attesissima prova di Maria Giovanna Augugliaro dopo l’opera prima “L’anagramma della vita” e la raccolta “Schizzi”. La Nostra si conferma scrittrice di carattere: stile solido, asciutto, virile. Nella sua produzione non c’è posto per sentimentalismi o sbavature psicologiche, piuttosto con determinazione entra nel vivo del dramma dei suoi personaggi senza, comunque, indugiare in tortuosità o scavi interiori a buon mercato. Il lettore viene abilmente condotto a scoprire come, nelle diverse situazioni vissute dai protagonisti, ad un certo punto si evidenzia la possibilità di una svolta, di una luce che rischiara la circostanza più buia e che fa respirare, cambia lo sguardo con cui prima si affrontavano le cose. Ma accade anche dell’altro. Per esempio nel primo racconto La strada la protagonista, Clara, quasi senza accorgersene si lascia cambiare dalla realtà e così si rende conto che quel figlio perduto, quel grumo di dolore che irrigidiva la vita ora è misteriosamente ricompreso. “Andrea, il suo bambino, non le sembrava più carne decomposta, un cumulo di niente. Quel distacco profondo, per anni inaccettabile, era diventato la strada per il possesso pieno della vita. La sua porta spalancata verso l’eterno”. Così diventano ancora più vere le parole del poeta canadese Leonard Cohen: “In ogni cosa c’è una crepa, è da li che passa la luce”. Nella premessa al libro la Augugliaro sottolinea che gli amici, le persone incontrate e tutto ciò che e è accaduto è stato spunto per ogni racconto e aggiunge, con una sensibilità che abbiamo imparato ad apprezzare, che alla fine si è resa conto che i personaggi sono “misteriosamente di più”. In altre parole la Augugliaro ci ha regalato la sintesi perfetta degli ingredienti che compongono un’opera letteraria degna di questo nome: realtà e genio creativo. Allora non possiamo non dare ragione al pittore polacco Wladislaw Strzeminski:”In arte e in amore potete dare solo ciò che già avete”. Resta il fatto che l’avvincente titolo “E rimasero sorpresi” sembra coinvolgere la stessa autrice che di fronte al lavoro compiuto resta sorpresa dalla trasfigurazione della realtà a cui lei ha prestato consistenza.
    Franca Rizzo – Catania

  6. Corrado Rizza

    Giovanna Augugliaro dice: “I miei amici, le persone che incontro, ciò che mi accade sono lo spunto di ogni racconto. Ma non sono esattamente loro. Misteriosamente sono di più.” Sono di più perché Lei “li veste” e descrivendone con cura il vestiario riesce a fare vedere, al lettore, il personaggio così com’è nella sua interiorità.
    Fa questo, con grande bravura, per tutti i personaggi dei suoi racconti.
    La pagina ci illumina, ci costringe a pensare e riflettere. L’autrice spinge il lettore a interiorizzarsi, a scavare nell’intimo delle cellule del cuore e del cervello, a rinvenirvi i perché della Vita, a ritornare su quello che avrebbe potuto fare e non ha fatto. A sentire tutto il bene ma anche il male delle proprie azioni.
    Corrado Rizza (Mascalucia)

  7. Dalia Di Bartolo

    Il libro mi è piaciuto. Le storie, anche se brevi, sono raccontate in modo profondo e completo. Le storie di “E rimasero sorpresi” non sono storie particolari o storie che raccontano fatti straordinari, di dolore e di incontri è piena la vita di ogni essere umano, ma sono storie in cui la vita non lascia indifferenti. Leggendole, ci si batte in una umanità che normalmente nascondiamo, perché fa paura.
    I personaggi nel raccontare di sè scavano nell’umanità più profonda di loro stessi, facendo così un gran lavoro di consapevolezza. E questo genera cambiamento. Per questo l’ho letto con piacere e lo consiglio.
    Dalia Di Bartolo

  8. Maria Maugeri

    Giunti alla terza “prova d’autore”, Giovanna si svela totalmente.
    Ciò che in Anagramma della vita si intravvedeva dentro un alternarsi onirico di figure animali, che in “Schizzi”, appare come una galleria di ritratti dolenti, ora più che mai è un mettersi coraggiosamente a nudo e ormai nessuno può dubitare della natura autobiografica dell’opera.
    Ancora una volta, ancora di più, colpisce sempre come un pugno allo stomaco, la lucidità con cui Giovanna guarda in faccia il dolore proprio e degli altri, fino a riuscire a definirlo una “porta spalancata verso l’eterno”. (“La strada”).
    Sembra, per usare le metafore che la nostra scrittrice ama particolarmente, che lei ci conduca per una via da lei stessa tracciata in cima a una montagna fino al bordo di un precipizio che però nel contempo ci spalanca la luminosità di un cielo senza confini.
    Lì mi porta Giovanna e poi mi chiede, con fare disinvolto e apparentemente innocuo: “Ti piace?”
    La guardo. Mi sembra la domanda meno opportuna. Io vorrei stare in silenzio un po’ per assaporare profondamente il momento e poi per cercare il punto di equilibrio, la possibile convivenza di quel terrore di morte e di quella luce straordinaria.
    E invece no. Proprio l’esito di questa drammatica sintesi non è una astratta condizione di benessere spirituale ma una consegna di sé in ogni istante della vita, della vita concreta di tutti i giorni, di tutti gli uomini: “La vita non ti inganna, è una promessa” ((“Io e Rhç”)
    E’ dunque lecita la domanda: cosa ti è piaciuto? Mi allontano un po’ dal precipizio e forse anche da quella veduta straordinaria. Solo quanto basta per distendermi in una radura verdeggiante: “Sai cosa mi è piaciuto cara Giovanna?”
    Quando l’anziano professore in “crème brûlée”, rivolgendosi a Valeria che, in un momento di vuoto esistenziale, aveva abbandonato marito e figli per seguire un nuovo amore, dice: “Anche una vita semplice, che trae piacere dalle piccole cose, per il valore infinito che riconosce loro, è una vita da invidiare” certamente non le sta proponendo una facile ricetta tipo “carpe diem” o una generica formula morale; infatti le parla del “valore infinito” delle piccole cose.
    Questa scoperta però esige una condizione che poi è l’ultima parola che tu pronunci fondo ai tuoi racconti ed è la parola “perdono”. Perdono per sé e assoluzione per gli altri, ma anche perdono del male che sembra schiacciare la vita degli uomini. Perché solo il perdono può guarirci e aprirci a quello stupore per cui la vita ci regala piccoli squarci di paradiso.
    Così, più che con le parole del professore, è con l’immagine dei bambini che affondano la faccia nella dolcezza della crème brûlée preparata dalla mamma, che Giovanna ci rende partecipi di questa salvezza che è anche gusto profondo della vita.

  9. Silvio Incardona

    Quella di Giovanna Augugliaro è una scrittura densa, sincopata. La trama, la storia, resta nascosta dietro pochi cenni evocativi. Restano dei segmenti di storia come scatti fotografici, ad ogni immagine è consegnato il compito di far emergere un momento dell’anima: ogni storia diventa storia di un’anima.

    Degli eventi accaduti resta il contraccolpo nel cuore, l’emergenza come eventi di una storia interiore.

    In alcuni casi diventa lo stile proprio del racconto, lo svolgersi dei fatti diventa, nello stesso tempo, svolgersi di emozioni, più profondamente, svolgersi di moti dell’animo, che toccano il fondo e muovono qualcosa lì, dove il sentimento profondo della vita svolge il suo divenire.

    “Le parole, quelle vere, hanno uno scopo. Sono il varco della possibilità” (Io e Rhò).

    In queste parole mi sembra sia racchiusa la poetica di Giovanna Augugliaro. Le parole, dette in una conversazione, cercate, raccolte a comporre un racconto, parole dette ad altri e ritornate su di se, di rimbalzo, come un riflesso, ma come nuove, le parole ascoltate, sono il varco della possibilità, della possibilità che un imprevisto irrompa “qualcosa di assolutamente imprevisto era accaduto” (Creme brulée).

    Lo sono per i personaggi raccontati (reali, della biografia di Giovanna, come detto in esordio) ma lo possono essere anche per il lettore.

    Non sono storie raccontate per divagare, sono storie che si offrono di parlare a chi legge perché, magari inaspettatamente, anche per lui un imprevisto varchi la soglia della possibilità.
    Silvio Incardona

  10. Angelo D’arrigo

    Storie di quotidiano vissuto, alcune dallo sfondo drammatico, così come può capitare a tutti e che mi fanno sentire che c’è sempre una possibilità di ripresa nella vita nonostante tutto possa dire il contrario.

  11. Manuelita Valvo

    “E rimasero sorpresi” è una raccolta di racconti brevi ed intensi. Storie raccontate con parole talvolta crude e spiazzanti, parole vere.
    Le parole vere, ci dice l’autrice in “Io e Rho”, hanno uno scopo, sono il varco della possibilità e, spesso nel libro lo oltrepassano questo varco, mettendoti di fronte a te stessa, descrivendo le cose esattamente come le senti tu, parole da sottolineare, ognuno ha le sue. Parole vere che, a tratti, confortano e incoraggiano. Dice l’anziano in “Creme brulée”: «… la vita è infinitamente più grande della somma di tutti i nostri errori. Lasciati perdonare.»
    È la vita che scelgono Clara, Cinzia, Valeria, e le altre, temerarie compagne di percorso, ed è stupore, sorpresa, il presagio di un’eternità cui già apparteniamo.

  12. Pina Meli

    Libro dal sottile e dettagliato realismo contornato di ironia. Mi è piaciuto molto.
    Pina Meli (Bronte)

  13. Alfio Marletta

    Dopo aver letto il libro, ho recitato ad alta voce il primo racconto. Il coinvolgimento è stato maggiore. Mi sono emozionato.
    Alfio Marletta (Catania)

  14. Flora Novello

    Stupendo nella sua intensità. Scorci di vite sconvolte e positivamente coinvolte, in cui potersi, se pur in alcuni tratti, riconoscere.
    Un vortice di emozioni, che fagocita il cuore e l’anima del lettore fino alla commozione.
    Flora Novello (Tremestieri Etneo)

  15. Maristella Magri ( Catania)

    Ho letto il libro in un soffio, non inteso come un alito lieve, ma come un trattenere il respiro per poi riempire i polmoni e godere dell’aria che entra! L’autrice ha il dono raro di saper tradurre la vita in parole. Mi sono ritrovata in tanto svolgersi di circostanze e avvenimenti, perché è il fare del Mistero che lei racconta e Quello abbraccia tutti nello stesso modo e con lo stesso amore.

  16. Francesca Lanzafame (Acireale)

    Ho letto e riletto il libro. Senza nessun giro di parole l’autrice va dritta allo scopo.
    Si intuisce quanto profondo, intenso ed elaborato sia stato il cammino per riconoscersi e riconoscere.

  17. Carmelo Matia (Giarre)

    Ho letto il libro. Emozionante, profondo, splendido. Mi dispiace solo che sia breve…

  18. Pina Longo (Nicolosi)

    A un tempo cinico e indifferente al dolore, subentra un tempo amico, capace di regalare emozioni e sguardi nuovi e pacata accettazione dell’ umano destino, sempre abitato da un limite.
    Da questo momento in poi , ” la chiave di accesso per l’infinito” si comincia ad intravedere…

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