Ricordo ancora l’emozione di quel giorno. Un’emozione direi quasi adolescenziale scaturita però dal cuore di ultra-cinquantenne. Avevo appena ricevuto la e-mail della Casa Editrice ‘Prova d’Autore’ che mi annunciava che sì, il mio manoscritto, ‘Un po’ a sinistra del Meridiano dell’Etna’, avrebbe potuto essere considerato per una eventuale pubblicazione. Le cautele espresse nella e-mail erano chiare e sicuramente rappresentavano in minima parte i dubbi legati ad un autore sconosciuto dal nome
famoso.
Era la tarda primavera del 2021. Il Covid sembrava mollare un po’ la presa e un po’ tutti riprendevamo a ‘respirare’ a pieni polmoni. Avevo proposto il mio manoscritto a quasi tutte le case editrice italiane.
Alcune, educatamente, mi avevano risposto di non essere interessate, altre che mi avrebbero fatto sapere, altre ancora non hanno proprio risposto. Un paio mi avevano detto che erano disposte a pubblicare il mio libro a condizione che io sostenessi tutte le spese. Non sapevo cosa aspettarmi, ma ero emozionato alla sola idea di parlare finalmente, ‘vis a vis’, per la prima volta, con un editore. Il professore Grasso, il direttore della casa editrice, mi diede un appuntamento nel suo studio e da quel momento era scattato un count-down in attesa di realizzare questo incontro. Cosa mi dirà? Cosa
mi proporrà? Veramente gli è piaciuto il mio libro o sarà un’altra delusione, se possibile peggiore delle altre? Queste erano solo alcune delle domande che affollavano la mia mente.  I libri sugli scaffali della biblioteca dello studio del professore erano lì, tutti insieme, come se mi osservassero con curiosità: chi è mai costui e cosa avrà poi scritto di così memorabile? Di certo non saprò mai, cosa pensassero i libri, ma mi confortava la loro presenza. In qualche modo, mi incoraggiava. L’affabilità del professore fece capolino nel suo studio prima ancora che lui entrasse: mi mise subito a mio agio. “Di cosa si occupa, dottore?”, furono le sue prime parole. Non sono uno scrittore, pensai tra me e me, faccio un altro mestiere. “Sono un funzionario di banca” – risposi – “ma il mio amore per la scrittura, per la nostra terra siciliana e, soprattutto, per l’Etna, mi ha portato a scrivere questo libro, il mio secondo libro”. Il primo non aveva trovato nessuno che si prendesse la briga di leggerlo, poverino. “Ah, lavora in banca…” Anche se celati da uno sguardo interessato e sornione al tempo stesso, sembrava quasi di poterli leggere, i pensieri del professore. “… il nostro scrittore lavora in banca…” disse. Ebbi la tentazione di girarmi per vedere chi fosse lo scrittore che aveva fatto capolino alle mie spalle, ma non lo feci. Lo scrittore ero io. Lo scrittore, che enormità! Lo scrittore, cioè io, cominciò poi a rispondere alle domande interessate del professore, soprattutto alla più importate: “da dove deriva questo amore per la Montagna, la nostra Etna?” In effetti era una domanda retorica, perché la risposta era nel libro che lui aveva letto. Voleva però, il professore, che glielo dicessi ‘dal vivo’. Voleva cogliere le mie emozioni che, a dir suo, tanto bene avevo descritto nel libro. Voleva che gli parlassi del mio rapporto con mio padre e delle sue epiche escursioni negli anni 40. Poi, al momento di parlare di ‘affari’, con schiettezza mi fece notare che per quanto potesse essere bello il libro, lo scrittore – cioè sempre io – era pur sempre un illustre signor sconosciuto con l’unico ‘vantaggio’ di avere un nome ed un cognome noto – lo dicevo prima – perché indossato da un grande cantante etneo. Eppure, anche quando parlammo di ‘affari’ il professore si fidò delle affermazioni di questo signor sconosciuto: “professore, le assicuro che in occasione delle presentazioni che faremo in giro per i paesi e le città della Sicilia orientale avremo tanta gente e venderemo le copie che saranno stampate”. Ora, lo scrittore non so che tipo di certezze avesse. Il professore però si è fidato e le copie sono state vendute. Tutte. E si è resa necessaria una prima ed una seconda ristampa.  A proposito di stampa e di ristampa: l’emozione rievocata sopra si è ripetuta, amplificata, il giorno in cui il professore e la signora Nives mi hanno consegnato alcune copie del libro. Tenevo il libro tra le mani con la paura di sgualcirlo o danneggiarlo. Lo avrei coccolato. Si trattava di un sogno che diventava realtà. Diedi una copia a mia moglie ed una ai miei genitori. Insieme ai libri, diedi anche l’informazione che entro fine giugno avremmo avuto due presentazioni, una a Nicolosi e una a Catania. Non stavo nella pelle. Coinvolsi alcuni amici, attori e musicisti, perché volevo che la lettura dei brani del libro suscitassero emozioni ed amore per la Montagna e così è stato. Non immaginavo affatto che, durante le presentazioni, il professore avrebbe descritto il mio libro come un’opera unica nel suo genere e che il suo autore, sempre io, poteva essere paragonato a Verga. Il Verga che conosciamo tutti, quello dei Malavoglia, non un altro. Sentendo queste parole, ricordo bene di essermi girato di scatto verso il professore. Confesso di aver pensato in quello stesso momento che era decisamente un’enormità, quella affermazione. Non gli ho mai chiesto se lo pensasse davvero. La risposta a questa domanda mai posta me l’ero data io stesso: un personaggio come Mario Grasso, con la storia, l’esperienza di Mario Grasso, non poteva permettersi di dire assurdità perché avrebbe perso di credibilità. Però, caro professore – adesso ce lo possiamo dire -il paragone è stato un po’ ardito. Ma la ringrazio. Insieme siamo stati a Siracusa, ancora a Nicolosi, ancora a Catania. Poi, prima di una presentazione a Pedara, la notizia del suo stato di salute e, dopo pochi giorni, la sua partenza per l’ultimo viaggio.
L’aldilà è più grande di tutte le parti del mondo che ha visitato o in cui ha vissuto, caro professore, ma sono certo che anche lì starà facendo ricerche, studi e forse scoprirà nuovi talenti letterari tra gli angeli e i serafini.
Un ultimo pensiero. Lei, professore, ha detto più volte, che il mio libro avrebbe camminato con le sue gambe, si sarebbe fatto strada noncurante del tempo. Ebbene, adesso glielo posso dire, questa affermazione è una tra cose più belle e consolanti che mi siano mai state rivolte. Il mio libro, come l’Osservatorio dell’Etna, è stato pensato, concepito, desiderato, perché venisse amato nel tempo dagli etnei come noi. Al di là della gloria effimera della vetrina.

Grazie professore!

 

Nella foto: Mario Grasso con Giulia Letizia Sottile e Vincenzo Spampinato in occasione della prima presentazione del volume “Un po’ a sinistra del meridiano dell’ Etna” svoltasi a Nicolosi il 17 luglio 2021.