Nell’identità remota e prossima, il seme per la costruzione di quella presente. Questo sembra voler dire il nuovo libro di Grazia Dormiente intitolato “Ibleide: memorie e sguardi”. Si tratta di un saggio sui luoghi oggi parte della provincia di Ragusa, un tempo per lo più costituenti la contea di Modica, ma non solo. Le città iblee, con la loro storia, la lingua, le tradizioni, l’arte, il paesaggio. Non è facile infatti classificare questo saggio. È un libro di storia? È un libro di geografia economica? Di arte? Di archeologia? È una guida turistica colta? È un saggio sul costume? È forse tutte queste cose messe insieme, un illustrare la carta d’identità di una terra, per esempio i suoi trascorsi storici attraverso l’arte, quel che oggi è rimasto (come ci mostrano le virate sull’origine delle torri costiere sul Mediterraneo, vedette per gli assalti dei pirati ottomani, o quelle sul gotico aragonese, sulla nascita della serricoltura, sull’assetto urbano della Cava d’Ispica). È la narrazione di un profilo esito di incontri commerciali fra popoli, in cui ogni città iblea partecipava con la propria personale economia (un esempio è il commercio delle carrube per Pozzallo o l’attività estrattiva prima della pece, poi dell’asfalto – che trova applicazione per le pavimentazioni stradali solo dalla seconda metà dell’Ottocento – poi del petrolio). È uno spazio in cui le bellezze naturalistiche e paesaggistiche sono raccontate non attraverso l’obiettivo di una fotocamera ma attraverso gli sguardi, con le suggestioni, le emozioni che i particolari suscitano, perché “il paesaggio è cultura” – ci dice la prof. Dormiente citando Bufalino – “non è solamente belvedere di albe e tramonti ma anche esito di braccia, utensili e intelligenze”. E l’architettura racconta dell’uomo che n’è stato artefice. Grazia cita Calvino: “Le città sono un insieme di tante cose: di memoria, di desideri, di segni d’un linguaggio; le città sono luoghi di scambio, come spiegano tutti i libri dell’economia, ma questi scambi non sono soltanto scambi di merci, sono scambi di parole, di desideri e di ricordi”. Ed è infatti attraverso le parole che l’Autrice sceglie di raccontare le sfaccettature della terra iblea, quelle di viaggiatori che dal ‘500 al ‘900 si sono resi attraverso la carta testimoni di una realtà oggi molto cambiata. Storici, antropologi, acquarellisti, incisori provenienti da tutta Europa sono appositamente giunti in questa parte della Sicilia spesso paragonata alla Terra Santa. La Dormiente cita brani estratti dai loro diari di viaggio o dalle memorie, per mettere il lettore in diretto contatto con la sensibilità del visitatore. Alcuni sono appassionanti, lirici, come la descrizione che il francese Hoüel fa della Cava d’Ispica. Ma tra i testimoni privilegiati vi sono anche molti italiani d’epoca più recente, poeti e scrittori come Vittorini, Consolo, Bufalino, Brancati, Quasimodo. La ricerca certosina di Grazia Dormiente tra le pagine dei libri più introvabili non manca di estrapolare brani anche da loro, brani che hanno una città dell’odierno ragusano per attore protagonista. Suggestivo quello tratto dal romanzo autobiografico del pittore Salvatore Fiume, dove emerge una Comiso che sembra Betlemme, nel clima, nel paesaggio, nella gente per strada, nel mercato, nelle usanze natalizie.
Tante voci in un coro che mostra il volto di una terra, con la sua gente, molto diversa da come la vediamo oggi, per lo più cementificata e ricca di rovine industriali. La costa “racconta pure la solitudine degli assalti di morte e la speranza degli approdi, consegnati al tempo presente dagli immigrati degli sbarchi clandestini, marea umana spesso lasciata alla tempesta del mare e della vita”.
Ma più d’ogni altra cosa, questo libro è un viaggio che compie una rassegna e un compendio, un intreccio “che può rappresentare, alle soglie del terzo millennio, la chiave di lettura per non travolgere l’eredità del passato e le conquiste democratiche, condiviso fondamento su cui scommettere e scommettersi nella costruzione di una forte identità culturale in grado di sconfiggere omologazione e rassegnazione per esaltare le parole e i gesti della grammatica esistenziale di quest’estremo lembo d’Europa, così privilegiato sia dal punto di vista geografico che culturale, a dispetto delle sue tanto discusse marginalità”. Trovo che queste parole racchiudano il senso dell’intero libro, un investimento e una scommessa in favore di un senso di “identità”, parola-chiave, antidoto contro le derive di tutte quelle parole che finiscono per “-fobia”.
E ancora: questo libro è una mini-antologia argomentata e una guida per il turista raffinato. In occasione della presentazione di “Ibleide”, lo scorso sabato 23 a Modica, il prof. Domenico Pisana, intervenuto in qualità di relatore, lo consigliava agli studenti quanto ai ricercatori, a chiunque voglia compiere un’indagine di qualità sul tema, servendosi dei vantaggi di questo volume tanto breve (94 pagg.) quanto ricco, un concentrato di informazioni e spunti, un lavoro già pronto a fronte di un immane lavoro di consultazione (quello operato dall’Autrice). E poi c’è una ragione suggerita dalla stessa Dormiente, che questa volta si rivolge non al turista ma all’autoctono, aduso a un ambiente che guarda ma non vede più. Spesso non apprezziamo la bellezza dei luoghi che frequentiamo quotidianamente e ci sorprendiamo quando qualcuno che viene da fuori ce la fa notare. Non a caso Mario Grasso, che ha scritto la prefazione a “Ibleide”, rimarca l’importanza dell’osservatore esterno. È allora spesso rivolgendosi a un oggetto con sguardo nuovo che se ne può apprezzare la natura. Quest’operazione può riuscire naturale alle menti più sensibili, come quelle dei poeti, ma può anche essere sostenuta e accompagnata dalla lettura, come la lettura di questo libro.
Grazia Dormiente ancora una volta si fa – per usare le parole del prefatore – custode della storia locale e dei suoi insegnamenti. Parla di ciò che ci appartiene, pur non rendendocene sempre conto, e quindi, alla fine, parla di chi siamo, delle nostre origini, delle nostre prospettive.
Giulia Sottile