Gian Paolo Serino è noto e stimato presso gli “addetti ai lavori” (ci si perdoni l’azzardo del riferimento) ma anche oltre, e non sempre per motivi polemici. L’intelligenza lascia infallibilmente le sue impronte. La sua nota del 23 giugno sulla “vanvera poetica” di Alda Merini potrebbe meritare un “Coraggioooso”, da chi non abbia informazioni sulla attività di lettore critico del Serino, coerente fin dai suoi esordi con una linea che non è diffusa nel costume che permea la realtà italiana dei seicento libri al giorno, alla conquista di lettori che non ci sono anche perché nauseati dai peana critici cantati per opere che non dovrebbero raggiungere le vetrine delle librerie.

     Ma torniamo alla “vanvera” denunciata da Serino a proposito dei versi della Merini. Stoccata che il critico ha probabilmente inflitto “al fin della licenza” provocatoria, lanciata, innocentemente, in una delle tracce del tema ministeriale, dettato per gli esami di Maturità 2018. Una occasione che meritava uno sfogo d’indignazione rivendicativa, e l’aggiunta di alcuni puntini sulle i come da sempre, e magistralmente, li colloca Serino nelle sue segnalazioni librarie. Ed è stata un risposta a tante domande.

   Una risposta cui il nostro maldestro unirci all’applauso non tende ad aggiungere, togliere, o solo commentare la chiarezza della nota del Serino. Che diviene impietosa quando disvela il brancolante mondo della legione di facitori di versi, che imperversa tra le antiche mura di cinta daziaria di ogni provincia italiana. Impietosa, perché proprio Serino non può ignorare che spesso “La poesia salva la vita”, come ha intitolato, a fine del secolo corso, la milanese Donatella Bisutti, un suo libro. In fondo, il caso Merini è diventato tale perché, la parte più disinibita dei versi della “poetessa dei navigli”, ha offerto all’editoria il destro per tentare, fino alla sfacciataggine, l’operazione che Serino ha evidenziato. Ma in quale capitolo di una improbabile “sociologia della sanità mentale italiana” troveremo il significato ulteriore della legge Basaglia? E non si dice certamente per aizzare edulcorate e gratuite cattiverie, del tipo “Non si chiudono manicomi per pazzi dove tutto e da pazzi”.

    Ma non allunghiamo la brodacchia e veniamo al dunque di questa nota: proprio un giorno prima dell’articolo illuminante di Serino, una piccola casa editrice catanese ritirava dalla legatoria locale, le copie di un ennesimo saggio sulla poesia di Alda Merini. Un ennesimo saggio felicemente e allusivamente intitolato “Sul confine”, scritto da una giovane studiosa, Giulia Sottile, che professionalmente è qualificata “psicologa” e che non è alla sua prima pubblicazione, anche di linea scientifica. Il volume è un tascabile di centoquattro pagine e in copertina reca uno schizzo realizzato dalla stessa Sottile, che propone un momento esistenziale della Merini (Sul Confine – la poesia e il personaggio di Alda Merini – pagg. 104, € 12,00 – ed. Prova d’Autore).

     Peccato che questo libro sia stato pubblicato appena un giorno prima dell’a fondo nella vanvera meriniana, scritto da Gian Paolo Serino e divulgato dalle pagine de La Provincia di Como. Ancora qualche giorno e il simpatico giustiziere-critico avrebbe potuto trovare la garbata stroncatura della poesia della Merini, già disponibile nelle librerie, una stroncatura civilissima propiziata fin dalla illuminante prefazione di altra psicologa-psicoterapeuta, Anna La Rosa. Un invito a rileggere le scritture della “Poetessa dei navigli”, presupponendone la collocazione “Sul confine”.

      Forse, dirà Serino, il saggio di Giulia Sottile giunge tardi, quando tutto è stato già consumato. Ma noi siamo di altro parere, e non per ripetere che “Non è mai troppo tardi”, ma per ricordare a noi stessi la profetica definitorietà del detto latinoTempore tempora tempera. Quella traccia di tema per la Maturità 2018, infatti, ha segnato lo scrimolo tra la fine del tuonare e la pioggia. Forse l’implacabile Serino non avrebbe ancora scritto la propria indignazione di critico senza la provocazione lanciata dalla oscillazione del gusto letterario degli addetti al Ministero dell’Istruzione. Invece Giulia Sottile non poteva immaginare che la sua ricerca scientifica sul “confine” della poesia di Alda Merini, sarebbe stata coeva della incauta alzata d’ingegno letterario impressa nella traccia di un tema ministeriale. Ma è bene tutto ciò che finisce bene.

Mario Grasso