Una proposta per il ministro.
L’Etna è Patrimonio dell’Umanità, uno scrigno di straordinari ecosistemi che qualcuno definisce pure “Patrimonio ancestrale dell’umanità”, in quanto rappresenta, anche visivamente, una realtà topologica che riconduce gli esseri umani, che la apprezzano, agli albori della stessa umanità. Ma l’Etna era anche un tempo uno scrigno di sapori ed essenze vegetali che stanno scomparendo.
Se sulle bancarelle della “Fiera” di Catania e nei supermercati cerchiamo i prodotti un tempo tipici dell’agricoltura etnea, oggi molto difficilmente ne troviamo. E’ più facile trovare i pomodorini olandesi, le arance marocchine e le patate tedesche. Tutto nonostante il sovranismo alimentare del nostro governo, che si manifesta con inefficaci divieti ed inviti ai giovani di andare a zappare.
Magari si potrebbe proporre al ministro competente la difesa delle nostre colture, mediante il recupero di prodotti agricoli che stanno scomparendo. A memoria segnalo le assenze colturali etnee: le mele “gelate”; le mele “cola”; le mele “gelate-cola”; le pere “spinelle” (da consumare previo cottura); le sorbe; le “anzalore”(bacche simili alle sorbe); le piccole mele “deliziose” che, come tutti gli altri frutti precedenti, erano assolutamente biologiche, perché coltivate in quota.
Se moltiplichiamo per tutte le realtà colturali italiane la cifra della perdita di antiche varietà, possiamo capire il perché del degrado del nostro territorio, determinato dall’assoluto abbandono di centinaia di migliaia di chilometri quadrati di aree collinari e montane, che, senza la cura dei contadini, determina il costante dissesto del territorio. Molto peggio del “consumo del suolo”.
Oggi che l’attenzione dei consumatori vuole (ma non può) essere selettiva verso prodotti legati al territorio e alla natura, diventa un ottimo investimento recuperare le colture antiche, che proprio nelle aree oggi abbandonate avevano ideale allocazione. Un lavoro lungo ma indispensabile.
Francesco Nicolosi Fazio