Luisa Trenta Musso non c’è più, il suo saluto agli Amici rimasti lo ha affidato alla solerzia della sua unica figlia Cristina, che ce lo ha fatto giungere tra i singhiozzi. Ma come dire la tristezza di questa notizia? Come dirla e a chi? Perché Luisa, classe 1932 non è stata tra le firme che hanno bussato con clamore alle porte e all’attenzione delle nuove generazioni con le sue scritture di delicate memorie della sua giovinezza di insegnante, né con le sue scelte poco entusiasmate della nuova realtà culturale sradicata dal tipo di humus cui aveva attinto la sua indole di educatrice della prima adolescenza delle generazioni nate negli anni in cui ancora, la stessa Sicilia continuava a scuotersi dalle spalle le macerie della seconda guerra mondiale, quella guerra cui lo Zio Sam aveva imposto il tragico sigillo atomico di Hiroshima e Nagasaki. Ed era la Sicilia, allora di un risveglio apparente e di una linea di rassegnazione, che l’allora presidente della Regione, onorevole Giuseppe La Loggia, di origine agrigentina come Luisa, e sicuramente tra le personalità più avvedute oltre che coscienti dello stato delle cose di quell’epoca, siglava i suoi discorsi con un ironico “Mondo è stato e mondo è com’è stato così è”. Locuzione ben ascoltata da chi scrive queste note di saluto a un’amica, a una sodale di momenti culturali anch’essi d’altri tempi e d’altri testimoni. Né possono essere i ricordi del coetaneo della persona che ha adesso lasciato questo “Atomo opaco”, legati al capitolo meno aperto ai tempi delle urgenze che da lì a qualche decennio avrebbero portato alla rivoluzione globale generata da internet.
Adesso è il pianto che ricorre a internet per concludere significativamente e comunicare una breve testimonianza per una sensibilità operativa e creativa. Per una voce che ha lasciato il suo piccolo segno significativo tra carteggi e scritture, le resistenti-effimere (ossimore) reliquie di un transito che è poi l’avventura di ogni coscienza umana. Gli 85 e passa anni di Luisa Trenta Musso (ne avrebbe compiti 86 nei prossimi giorni) saranno disponibili a chi ha familiarità con l’uso del binocolo rovesciato e a chi tale frequentazione avrà tendenza a frequentare. Un binocolo rovesciato per ricostruire con l’ausilio delle opere letterarie che Luisa ci ha lasciato le impronte ossimore di un campionario epocale e territoriale. Ma non solo, perché Luisa oltre alle scritture creative (racconti, un romanzo, testimonianze di incontri, poesie e paesaggi dell’anima) ci ha lasciato spunti di tante ricerche critiche, e di indagini sotto forma di analisi come frutto della propria sensibilità, oltre che come frutto della sua erudizione e della sua indole di acuta osservatrice a complementarità della sua formazione di educatrice.
Addio cara Luisa, un addio che non scioglie il nodo alla gola e il suo significato di là di una contingenza
che, per quanto tristissima per la sensibilità di chi resta e saluta, come per la figlia Cristina, il di lei marito, i nipoti, giunge anche per colorare di ulteriori meditazioni gli estremi testimoni del sodale pellegrinaggio verso una altrettanto comune ineluttabile meta.