Nausea
a ciel sereno
perché fiducia muove
chi giovane ama.
Scherzo equivoco menzogna
a spiegare una bomba
a pretendere parte
ma l’arte
della gioia
non trova udienza.
Impariamo presto
a imparare
sventoliamo memorie-antidoto
posiamo sorridenti sotto le bandiere
citiamo gli stessi filosofi
le stesse canzoni.
Ho creduto fosse tempo
che a frapporsi fossero solo fiumi e monti
non più di lingue e riti
Ho creduto indiscutibili ovvie
le comuni conquiste
Ho creduto di sapere.
Eppure un brivido di orrore
soffiava sempre agli inni nazionali
sussurro travestito da orgoglio
dentro latente la bestia
oggi rimpalla.
Non rende il lavoro liberi, l’inizio è
delle scelte
appartenere a se stessi
o a prezzi.
L’arte affranca
è chiave e pugnale
se ha rotto catene e apposto segugi
da Ševčenko a Brodskij
perché la testa non vivi
attentati e fuochi amici
le sue marce le ubbidienti orme
il suo undicisettembre.
La poesia non indossa diamanti
non ha conto in banca né porto d’armi.
È maledetta e viva anche all’inferno
e tra i gironi al massimo sviene
nell’assenza di risposte
nello stridore di belati.
È torcia e piange.
È facile scambiare un’ombra per sentenza
se a odiare basta imbracciare un fucile.
Nel calcolo famelico di entrate e uscite
nel tessere e adombrare l’Italia dimentica
che ha firmato e ripudia la guerra?
Giulia Letizia Sottile