Dal nulla della sinistra giganteggia la destra.

 Ai cent’anni del PCI, la più triste eredità dell’evento del ’21 è il settarismo della sinistra italiana, tutta e largamente intesa. Un dato semplicemente quantitativo può ottenersi elencando tutti i partiti che sono esistiti, a tutt’oggi, nel lato sinistro del parlamento: PSI; PCdI; PSU; GL; PCI; PSdLI; PSDI; PSU (psi+psdi); PR; LC; PSIUP; DP; PSI(garofano); PDdS (ulivo); Rete; PdRC; PD; IdV; + Europa; PC; 5S; LeU; SI; IV. A meno di qualche dimenticanza, sono 24 (ventiquattro) partiti, sempre litigiosi. Ci siamo limitati alle sigle per ragioni di decenza.
A destra: la Lega è il partito più vecchio d’Italia; poi nel 1994 Berlusconi generò FI; coevamente  l’MSI, a Fiuggi, diventò AN. Al centro lo smembramento della “balena bianca”  DC ha generato una miriade di sigle, che però trovano “facilmente” le convergenze, memori del consociativismo democristiano. La continuità, di “ragione sociale”, è premiata dall’elettorato, che dà al centro-destra la maggioranza relativa, ad ogni elezione.
Ma la coerenza politica non è equamente distribuita nei partiti di destra. Oggi Salvini, già al governo coi 5S, accusa di sete di potere Conte, a cui aveva dato l’ultimatum allo spritz, proprio per avere “pieni poteri”. Berlusconi, in convalescenza giudiziaria, lancia segnali ambigui, avendo già ottenuto da Conte una legge a tutela della proprietà Mediaset e del “duopolio”. Sarà un caso che i leader meno apprezzati della destra sono uniti nella proposta di Salvini: Berlusconi Presidente della Repubblica. Senza entrare nel merito, diciamo che entrambi non conoscono l’art. 87 della Costituzione: “Il Presidente della Repubblica è il capo dello Stato e rappresenta l’unità nazionale”.
Da questa melma politica emerge Giorgia Meloni, grazie ad una dote rarissima nella politica italiana: la coerenza, unita  alla capacità di attesa. Qualcuno la chiama “pesciarola”, ma la sua abilità è nel non essere “presciarola”. Ne diamo atto, da tutt’altra sponda.

                                                                                                          Francesco Nicolosi Fazio