Inizia con questa pagina, tra virtuale diario e cuocenti riflessioni, la sua collaborazione a Ebdomadario, il nostro amico calabrese-cosmopolita Edgar Jan Aky e noi che ne abbiamo propiziato i contributi gli auspichiamo “Buon proseguimento”. (Ludi Rector)

Riuscite ad immaginarlo un Venerdì Santo senza funzione religiosa? Fantascienza… Non è proprio concepibile, nemmeno come idea. Anche se mi venisse intimato di non farlo, vi giuro che sarei disposto a sfidare tutto e tutti (compresi i posti di blocco) pur di raggiungere una Chiesa e partecipare alla celebrazione della Passione del Signore! In fondo non sarebbe poi così difficile commettere questo “reato”, persino in una situazione di regime di quarantena domiciliare obbligatoria. Basta una un po’ di inventiva per aggirare l’ostacolo e si può partecipare tranquillamente, magari seguendo questi semplici passaggi: bisogna anzitutto prendere un foglio stampato con l’autodichiarazione ai sensi degli articoli che già conoscete, poi bisogna spuntare la voce “situazioni di necessità” e dichiarare che l’allontanamento dalla propria abitazione è motivato dalla necessità di acquistare tabacco e che una volta salutato il tabaccaio si farà presto ritorno alla medesima. Successivamente, dopo aver indossato guanti e mascherina, si può con passo celere e sicuro camminare sul marciapiede fino all’ingresso della Chiesa. Se ci riflettete è un gioco da ragazzi, una furbata pazzesca! Io oggi ho compiuto proprio quest’atto di disobbedienza (l’unico a dir il vero commesso finora), ma appena raggiunta la meta mi sono trovato davanti una Chiesa incredibilmente chiusa. Il tizio del servizio d’ordine che stava davanti all’ingresso, probabilmente impietosito dai miei occhi tristi (l’unica cosa che poteva scorgere in un volto nascosto da una maschera di carta), dopo aver dato un’occhiata all’orologio, mi dice: “la messa potrai vederla in diretta streaming, mancano cinque minuti alle 18:00!”. Faccio un inchino, ringrazio e torno a casa. TV2000 trasmette in diretta nazionale dalla Basilica di San Pietro la celebrazione della Passione del Signore, ma la prima parte della funzione ormai me la sono persa. Riesco però ad ascoltare l’omelia di Padre Raniero Cantalamessa: “Qual è la prova più sicura che la bevanda che qualcuno ti porge non è avvelenata? È se lui beve davanti a te dalla stessa coppa. Così ha fatto Dio: sulla croce ha bevuto, al cospetto del mondo, il calice del dolore fino alla feccia. Ha mostrato così che esso non è avvelenato, ma che c’è una perla in fondo ad esso”. Voi non ci crederete ma con queste parole Padre Cantalamessa ha svelato finalmente l’arcano. Non mi riusciva di capire perché tutte le volte che uscissi con i volontari dell’Associazione “Casa Nostra” per incontrare gli amici senza fissa dimora e offrissi loro una bevanda calda, questi l’accettassero con un sorriso senza porsi la domanda che ci porremmo tutti nella stessa situazione: “chi è questo sconosciuto individuo che mi offre una bevanda calda?”. Con il tempo per loro sono diventato un amico, ma inizialmente non mi conoscevano, eppure si sono fidati. Però, ora che ci rifletto, capisco che essi non si sono fidati di me, ma della Croce che portavo stampata sul petto. Si sono fidati perché hanno riconosciuto Colui che non ha avuto timore di assaggiare quel calice amaro che gli avevamo offerto. Continua Padre Cantalamessa: “La pandemia del Coronavirus ci ha bruscamente risvegliati dal pericolo maggiore che hanno sempre corso gli individui e l’umanità, quello dell’illusione di onnipotenza. Abbiamo l’occasione – ha scritto un noto Rabbino ebreo – di celebrare quest’anno uno speciale esodo pasquale, quello “dall’esilio della coscienza. È bastato il più piccolo e informe elemento della natura, un virus, a ricordarci che siamo mortali, che la potenza militare e la tecnologia non bastano a salvarci”. Rifletto ed esclamo a gran voce: “vero!”. Nel frattempo nella mia mente si impone come un mantra questa espressione che sembra ipnotizzarmi: “esilio della coscienza”… “esilio della coscienza”… “esilio della coscienza…”. Mi sveglio dall’ipnosi solo allorquando, finita la celebrazione, il telegiornale dell’emittente vaticana propone un’intervista fatta a due politici di opposti schieramenti riguardo all’idea di istituire una tassa sui redditi (una c.d. “patrimoniale progressiva” che partirebbe da un tetto di ottanta mila euro fino a rendite di milioni di euro l’anno) per fronteggiare la crisi in atto ed acquisire maggiori risorse per le casse dello Stato. Il primo si dichiara disponibile a prendere in considerazione la proposta, il secondo invece, un parlamentare minuscolo, responsabile dei disastri economici e dei tagli alla spesa pubblica del nostro Paese nelle passate legislature, risponde testualmente: “una patrimoniale sui redditi è solo una boutade per salvarsi l’anima comunista!”. Ritorna il mantra… “esilio della coscienza”… “esilio della coscienza”… “esilio della coscienza…”.
La Via Crucis però non posso perdermela. Oggi sono stato così egoista da non sentire nemmeno il desiderio di offrire un piccolo digiuno per il Signore, e il “fioretto” quaresimale non renderà meno triste il mio cuore. Che sensazione strana vedere piazza San Pietro completamente vuota, illuminata soltanto da piccole fiammelle. Un uomo claudicante vestito di bianco che cammina sul selciato umido e opaco ora si appresta a rivivere idealmente, con gli occhi dell’umanità sofferente, la Passione del Cristo. Così inizia il tragitto verso il Monte Calvario accompagnato dalle parole di un “Dimaco” penitente (calabrese, come me) che lo attende con le braccia inchiodate su una croce: “Tante volte, nei tribunali e nei giornali, rimbomba quel grido: «Crocifiggilo, crocifiggilo!». È un grido che ho sentito anche su di me: sono stato condannato, assieme a mio padre, alla pena dell’ergastolo. La mia crocifissione è iniziata quando ero bambino: se ci penso mi rivedo rannicchiato sul pulmino che mi portava a scuola, emarginato per la mia balbuzie, senza nessuna relazione. Ho iniziato a lavorare quando ero piccolo, senza poter studiare: l’ignoranza ha avuto la meglio sulla mia ingenuità. Il bullismo, poi, ha rubato sprazzi d’infanzia a quel bambino nato nella Calabria degli anni Settanta. Somiglio più a Barabba che a Cristo, eppure la condanna più feroce rimane quella della mia coscienza: di notte apro gli occhi e cerco disperatamente una luce che illumini la mia storia. Quando, rinchiuso in cella, rileggo le pagine della Passione di Cristo, scoppio nel pianto: dopo ventinove anni di galera non ho ancora perduto la capacità di piangere, di vergognarmi della mia storia passata, del male compiuto. Mi sento Barabba, Pietro e Giuda in un’unica persona. Il passato è qualcosa di cui provo ribrezzo, pur sapendo che è la mia storia. Ho vissuto anni sottoposto al regime restrittivo del 41-bis e mio padre è morto ristretto nella stessa condizione. Tante volte, di notte, l’ho sentito piangere in cella. Lo faceva di nascosto ma io me ne accorgevo. Eravamo entrambi nel buio profondo. In quella non-vita, però, ho sempre cercato un qualcosa che fosse vita: è strano a dirsi, ma il carcere è stato la mia salvezza. Se per qualcuno sono ancora Barabba, non mi arrabbio: avverto, nel cuore, che quel Uomo innocente, condannato come me, è venuto a cercarmi in carcere per educarmi alla vita”.
Caro “disonorevole” omino che consideri la tassa patrimoniale “una boutade per salvare l’anima comunista”, vorrei solo dirti che quella persona che ha trascorso la sua vita dietro le sbarre è riuscita, dopo un lunghissimo esilio, a ritrovare la sua coscienza. Tu, invece, che ne possiedi una “al fosforo piantata tra l’aorta e l’intenzione” sperduta nella selva oscura della materia cerebrale, sappi che quando “verranno a bussare alla tua porta e ti urleranno ancora più forte…” allora forse non ti servirà salire sul sicomoro come Zaccheo per metterti in salvo.

10 Aprile 2020
Edgar Jan Aky