Mario Grasso, poeta e scrittore, acuto saggista e autore di originali opere linguistiche. Il suo impegno sul valore della parola e sulla responsabilità che ne scaturisce ha generato il volume Occasioni, singolare affresco ispiratogli da confronti, lettere aperte e soste di fervida fantasia, capaci di suscitare riflessioni sulla cogente attualità. Un travolgente e avvolgente campionario di occasioni rubricate nel duplice registro di “In volo” e “Binocolo ribaltato”. La sua è una narrazione colta che tra paremiologia, sapienzialità espressiva e ardite metafore cattura la complessità della nostra odierna società. Così il vulcanico Mario Grasso, prediligendo la leggerezza di calviniana memoria, avverte che nella società attuale è in gioco l’importanza di una nuova idea di libertà. Quale? Quella connessa alla sfida della cultura come vissuto e come fondamento di civile rinascita. Paradossalmente l’omonimia del titolo con Le Occasioni montaliane potrebbe rafforzare il nostro dire. Anche il Nobel Montale cerca nella memoria il senso delle cose e delle sue esperienza personali, così il nostro scrittore sentenziando che la memoria è tutto, trasfigura sapientemente e a volte ironicamente i suoi ricordi in segni di una realtà che ci ri-guarda. Anzi il ricorso alla metafora del binocolo, protesi dell’occhio critico, diventa per il nostro autore strumento di accorta selezione, poiché, come egli stesso asserisce “le occasioni poco sfruttate che restano nella scontata potenzialità del binocolo sono legate al poterne utilizzare i privilegi in due momenti tra loro contrari, quello che definiamo normale per vedere tutto ingrandito e quello negletto e forse disprezzato, di adoperarlo capovolto per vedere tutto rimpicciolito. Il primo verso serve al progresso, il secondo alla memoria”. In virtù della sua pluriennale militanza letteraria, Grasso convoca personaggi vicini e lontani, sottopone all’incontro con il tempo sistemi di pensiero e visioni del mondo ed evoca, non senza il sale dell’arguzia, scrittori, saggisti, filosofi e critici che abbracciano il territorio nazionale. Che poi una buona parte degli autori, incontrati lungo la sua narrazione odeporica, siano siciliani è un dato che non discende soltanto dall’anagrafe geografica del nostro scrittore, ma chiama in causa lo straordinario rilievo giocato dalla Sicilia nel panorama del Novecento letterario italiano. Quasi a voler essere di parte, credo che nelle pagine grassiane riesca a risuonare il difficile lusso di essere siciliani, legittimato dall’antinomia di una società, in cui proprio l’ossimoro e il paradosso restituiscono più pregnante la responsabilità della parola. A ragione l’indimenticato compianto Pietro Barcellona, amico fraterno del nostro autore e grande intellettuale, presentando nel 2010 il Saggilemmario dello stesso Grasso, ci ha consegnato un ritratto che è opportuno citare in questa circostanza: “Mario Grasso è un antico personaggio siciliano, di quelli che se la fanno tra proverbi e metafore e che hanno il gusto innato di scavare dentro le parole per trovare il filo di un discorso infinito”. (P. Barcellona, in La Sicilia del 25/04/2010). A tale enunciazione mi permetto di aggiungere la generosità intellettuale incarnata nell’incoraggiare i giovani esordienti a non tradire ispirazioni e valori culturali. Lo posso attestare personalmente poiché al poeta Mario Grasso sono debitrice delle mie parole in figura. Nel lontano 1991 seppe indicarmi fecondi percorsi e progetti di ricerca commentando a Modica la mia prima silloge poetica Ciottoli. Ciò può testimoniarlo anche la scrittrice e poetessa Giulia Sottile che con il suo Xoocò-atl edito da Prova d’Autore ed estratto dalla sua opera narrativa di Albero di mele, ha condiviso la dolcezza mitica e leggendaria del cioccolato nella città di Modica, cove l’impegnata tutela del direttore del CTCM Nino Scivoletto ha assicurato alla dolce e granulosa barretta un’attiva e creativa promozione culturale. Ebbene, oggi, in questo Auditorium, almeno per quanto mi riguarda, avverto fortemente l’esigenza do soffermarmi su alcune tra le Occasioni grassiane che trasudano spasseggi di affascinante lettura sia per la fluidità dell’eloquio sia per le peripezie linguistiche tanto care al nostro, che si conferma glossatore delle parole del tempo. Tra le soste acquerellate imbandite dal nostro autore mi ha coinvolto A Geppo e Ippa, simpatici destinatari di una particolare lettera nella quale Grasso spiega la sua fascinosa empatia per l’agile grazia fonosemantica irradiata dai loro nomi. Sicché l’ordine alfabetico piegato alla ludica labialità onomastica subisce l’inattesa trasgressione in virtù dello spiccato, perché innato, intuito femminile. Così l’identità di genere si insinua tra protagonisti, comparse e gerarchie ecclesiastiche fino al rinvio di un giudizio finale, che tra il serio ed il faceto legittima sospensione e riflessione. Tra le occasioni letterarie desidero richiamare Prova d’orchestra. Spassoso e denso simposio tra letterari e scrittori che, invasi dal virus del plagio e dell’invidia, simulano un’orchestra incapace di diffondere il suono perché attraverso il vuoto tutti gli effetti sonori svaniscono. Siccome ci troviamo nella città d’elezione del chiaramontano Guastella, il ben noto barone dei villani, è pertinente focalizzare il seguente frammento. Se la riscoperta dell’opera guastelliana, anche nei suoi aspetti compositivi e letterari, si deve a Leonardo Sciascia e ad Italo Calvino, per l’argomento di nostro interesse campeggia Dario Fo, che nel Mistero buffo, mutua la miracolosa forza espressiva della “Nascita del Giullare” dalla parità guastelliana sulla nascita del poeta. così “le villanie divennero giullarate”. (1)
Le argomentazioni del Grasso simili ad alate e sibilanti frecce sono mirate ad espugnare i muri dell’indifferenza e dell’omologante dememorizzazione. Alla facile e felice polisemia, docile ai valori simbolici della parola, l’autore demanda l’infinito proliferare di occasioni, colte e popolari, arricchite dall’ironica narratività fino ad assurgere a paradossali domande ancora aperte sull’onestà intellettuale, culturale e sociale, della contemporaneità, da mettere alla prova di orchestrali, nonostante le contaminazioni e le allusività dei soliti imbonitori di chiari di luna, per restare nell’ambito del lessico grassiano. Tra quelle socio-politiche sono stata coinvolta positivamente da un frammento de Il Sud siamo noi. Mario Grasso interpellato a rispondere sull’impegno degli artisti e degli intellettuali a confronto con l’attualità ci consegna un inventario di risposte attraversando terreni minati dall’attuale pesantezza storica, politica e sociale cui contrappone la leggerezza calviniana delle Lezioni americane. Come non ricordare che a Calvino sembrava che il mondo stesse diventando tutto pietra: una lenta pietrificazione più o meno avanzata a seconda delle persone e dei luoghi, ma che non risparmiava nessun aspetto della vita. Era come se nessuno potesse sfuggire allo sguardo inesorabile della Medusa. Occasione ridondante che ci accomuna come abitanti di questa zattera della Gorgone e ahimè come elettori di governi insulari sospesi tra pluralità di promesse mai onorate e mafioserie di potenti, artefici della bufalotta politica pescatenchie (2). Così la parola ancora una volta si fa messaggero di verità, poiché il neologismo, proposto e spiegato dal nostro illuminato autore, ci sorprende, ci affascina e ci regala inattese glossaterapie. Ed ancora in Occasioni, Criminali e lor primati, dirompente si manifesta la forza narrativa di Salvatore Scalia, autore de La Punizione. Opera che, per fecondità di ricerca e inchiesta, diventa anello portante delle trasformazioni di costume e di mentalità da connettere alla tradizione letteraria di autori come Verga, De Roberto, Brancati. Anche in tali felici passaggi motivante si manifesta il valore etico della parola che dà vita al quesito di ieri e di oggi: quale parte hanno nella realtà descritta da Scalia l’opera reale e legale delle istituzioni a confronto del quartiere di una città di ben altri aspetti e pretese? La sequela intrigante di richiami e di rimandi che il libro di Mario Grasso inanella tra libere associazioni, anche oniriche e trasgressive, è molto più di una collaborazione di occasioni: è l’immagine dolceamara del tempo vissuto e da vivere all’insegna del nuovo vocabolario delle relazioni umane. (Modica, Auditorium “P. Floridia, 10 aprile 2016, presentazione del volume “Occasioni”)
NOTE
1) In ricordo di quando mi era capitato di dirigere il mensile Sicilia nell’arte e nella Letteratura, tra il 1991 e il 2001.Sono andato in archivio a far verifica, ed ecco il numero del 26 febbraio 1998, prima pagina: una finestrella, la rubrica mensile di Laura Rizzo Ecotopo e ho riletto: “Il villano ibleo di Guastella era piaciuto quella volta al lombardo d’avanguardia in trasferta. Che ne trasse ispirazione del tipo Antivangelo per rivendicazioni di classe. E le villanate divennero giullarate. Ma non erano che i prodromi. Riverberi di un illuminato impegno in ascesa fino a Stoccolma. È proprio un mistero buffo.”
2) Pescatenchie potrebbe essere proposta di neologismo, ma lo è nella vanità dello scrivere, che lo ha coniato come parola composta nella lingua della comunicazione nazionale prelevandolo da due significanti del dialetto siciliano, pesca (voce del verbo pescare e non frutto dell’albero di pesco) e tenchia, nome quest’ultimo che è sinonimo di rana di fiume, che viene pescata nel Simeto, il maggior fiume di Sicilia. Che se ranocchio, batrace, e un poco anche rospo siano da considerare sinonimi al momento della identificazione della tenchia, viene lasciato alla discrezione dei lettori.