Mario Grasso inizia da questo Martedì la pubblicazione di sue divagazioni ebdomadarie. Ha scelto il Martedì perché è il giorno della settimana che a suo tempo venne scelto e codificato nei calendari come culmine della festa del Carnevale.  Festa durante la quale “Ogni scherzo vale” e che precede il primo giorno di Quaresima, la parentesi che invita alla privazione fino alla Pasqua. Festa laica e anche, in qualche misura civile, trasgressiva, come annuncia l’exergo che rinvia allo scherzo e che dal “20 gennaio maschere a paio”, continua con licenza di imperversare, impazzire, fino al suo giorno culmine, appunto: il Martedì Grasso.

LA GUERRA DI TROIA E IL CAVALLO DI LEGNO

Sarebbe durata per dieci anni la guerra di Troia e se non fosse intervenuta l’astuzia di Ulisse e il prodigioso ventre del cavallo di legno chissà quando sarebbe finita e con quale esito. Quella volta, invero, c’era stata la mano degli Dei che aveva reso sordi i troiani, insensibili al tintinnare di metalli proveniente dal ventre dell’idolo, nel momento del trasferimento dall’esterno all’interno delle mura che avevano impedito per lunghi anni ai greci di entrare nella città di Priamo. Leggenda o non leggenda, le cose, per quel che si sa, andarono così. Dieci anni di guerra che sarebbe stato un semplice gioco il poterla quanto ai tempi, accorciare. Eppure erano state studiate tutte, persino il recupero di Filottete dall’arco e frecce fatali.

Acqua passata. Eppure in tutta quella vicenda culminata con l’Incendio della “Sacra Ilo” e la scampata vita di Anchise, che portato in spalla dal figlio Enea si era destinata a morire in Sicilia, si potrebbe riscoprire l’ennesima metafora il cui significato adattato all’attualità darebbe maggiore credibilità alla leggenda di allora. E fino a dare qualche nuovo significato da applicare agli “Dèi falsi e bugiardi” di Omero & C.

2. Un dato è certo, a lume della Storia: indietro non si torna. Per dirla entrando subito e bruscamente in argomento: il fascismo è stato. Non resusciterà. Ei fu! E poi, Signore e Signori, sono trascorsi in tal numero anni da potersi già riconoscere come cugini di un intero secolo, se si calcola partendo dal 25 aprile degli Anni 1940 agli aprili di questi Anni 2020. L’assedio. Si l’assedio dura da allora, da quando il fascismo finito ha generato la nostalgia dei nostalgici del fascismo. Nessun Ulisse che abbia inventato un marchingegno, almeno fino a pochi mesi fa. Nel passato è capitato di assistere a qualcosa del tipo “Chi tocca i fili muore”, infatti quel Gianfranco Fini che aveva osato prendere, anche se, a modo suo, le distanze, ha fatto la fine del Cecola-Cecola caro al proverbio del dialetto siciliano. “Cci finiù peggiu ’i Cecula-Cecula”. Personaggio leggendario anche questo Cecula-Cecula! (guarda caso, spunta sempre qualche ingombrante momento leggendario al momento di osservare l’attualità, quale che essa sia!)

Insomma, il fascismo è morto e stramorto, ma proprio come capita per i morti e come per il diavolo, tutte le volte che se ne parla se ne vede la coda. Sarà l’occasione di “Casa Pound”, sarà quella del tentato esorcismo del citato Gianfranco Fini, o saranno i tentativi del cambiar nome da “Movimento Sociale” (con fiamma tricolore) all’addomesticato “Destra Nazionale”, all’attuale semimassonico “Fratelli d’Italia”, se non è pane è focaccia, la cronaca-storia di un morto che non vuol morire. Tante didascalie insistono a ricordare a tutti che i fantasmi sono più pericolosi del personaggio che ripetono, o di un passato incenerito. Sono pericolosi perché i fantasmi non sono realtà presenti e ciascuno le identifica secondo proprie misure, spesso esagerate. Inoltre, ogni fantasma è un caso di schizofrenia. Non si scappa. La schizofrenia dunque come momento di identificazione del pericolo costituito dai fantasmi? Fate voi. La questione assume aspetti delicati, e imprevedibili.

3. La guerra di Troia e il Cavallo di legno. L’idolo da portare dentro le mura inespugnabili della democrazia? Questa dunque la metafora come fantasma (anche questa volta) che sogghigna e rumoreggia attraverso certi discorsi, certe pretese, certe schizofrenie collettive? Ricorre la benedizione/maledizione del Nihil sub sole novum. Poveri noi! meglio non pensarci, ergo: meglio non pensare, si rischia, e di brutto. Si rischia la follia, e la maledizione più terribile e.. “Che tu possa perdere l’uso della ragione”. Non resta che aspettare che il cavallo, oramai stavolta già portato dentro, riveli il suo ventre, dal quale non avevamo saputo capire il significato del tintinnare di acciai. D’altra parte è sempre la sapienza popolare a reclamare la propria parte: “Ogni popolo ha il governo che merita”. Perché intestardire a ostacolare quel che meritiamo? Come maggioranza a discapito di una minoranza. Proprio così. Ma è questo il privilegio che fornisce la democrazia. E ce lo ricorda quella poesiola di Giuseppe Giusti, che narra le proteste dei ranocchi dello stagno che insultano Giove che aderendo alle loro pressanti richieste di poter servire un Re aver mandato loro un “Re travicello”, una trave lignea. Invano perché superato il primo approccio con il re ligneo, i ranocchi, si diedero a contestare protervi e decisi: Volevano un Re in carne come loro, un Re capace di elogi e punizioni, e con l’autorità di mettere finalmente ordine e giustizia nello stagno. Giove capì (per nulla era Giove!) e mandò ai ranocchi della protesta un serpente digiuno che intanto li divorò tutti.

Mario Grasso