lo spessore di una persona si misura con la qualità delle sue azioni. Il suo valore si riconosce da ciò che ha saputo lasciare al mondo. Uomo di cultura dotato di un’affilata ironia, in Mario Grasso affiora costantemente la maestria del termine. Il suo stile troneggia per la chiarezza del suo dire, spicca per la solennità profetica, emerge per il fascino misterioso, ma decifrabile, del futuro, primeggia per l’ardente sentimento per la sua terra natia. La parola è stata la sua arma preminente: l’ha saputa piegare al proprio talento, sperimentandone l’ampiezza connotativa con l’applicazione dei colori dell’emozione. La sua strategia vincente, infatti, è basata sul fatto che le parole, prezioso scarto linguistico, devono fare provare un fascino tellurico a chi le legge. In lui c’è stato uno scatto espressivo che è andato al di sopra dei parametri consueti della comunicazione: la sua parola, sia in lingua sia in dialetto, ha inciso il silenzio, affettato i discorsi, scolpito il pensiero, colpito l’io. Anche i suoi versi più freddi hanno avuto salti di energia e accumuli di calore. Per conoscere l’oggi serve intraprendere una fuga nel passato, inteso come reliquiario di virtù: amiamo il presente per quanto ha di passato, Mario per quanto ha di luce letteraria. Io sarei disposto “a tradire Dio per potergli ancora parlare”.
Grazie Mario per avere cantato gli odori della nostra terra, le azioni sociali, la bellezza di un verso, il fascino del sogno, l’incanto della vita.
Tanino Vicari