La criminalità organizzata al potere, nel mondo.
Il cinema insegna, il giornalismo ignora. L’ultima (?) “guerra dell’oppio” fu quella USA in Vietnam; la conseguenza fu che l’oppio del “triangolo d’oro” passò dai “marsigliesi” a “cosa nostra” italo-americana. Il passaggio di consegna fu documentato da un film del ’71 “The french connection”, con Gene Hackman, nel quale la polizia di New York si scatena (solo) contro i marsigliesi. Di queste vicende nessun giornalista ha mai parlato. Nel cinema invece non tutti i registi credevano alla guerra in difesa della libertà, come in “Berretti verdi” con John Wayne. Ambientato in quegli anni il film “Dirty deeds”, che narra della conquista dell’Australia da parte di “cosa nostra”, con la motivazione che “I nostri ragazzi vanno in Vietnam a mettere le mani sull’eroina, e noi la porteremo anche a Sidney”. Ma anche “Apocalipse now” non fa mistero che dentro il “triangolo d’oro” potevano esistere dei veri e propri regni, in mano a trafficanti USA (Marlon Brando). Molto esplicativo anche il film “American gangster” con Denzel Washington che trasporta la droga dal “triangolo d’oro” dentro “comode” bare dei soldati USA, morti in Vietnam.
Nell’articolo di auto-presentazione del libro “Il complotto al potere“ la filosofa Donatella Di Cesare (opinionista) ci racconta che il complottismo è anche una “patologia psichica”, forse riuscirà a dimostrarlo nelle 120 pagine del libro. Nessun cenno nell’articolo del più grande problema delle politiche mondiali, particolarmente in quelle dei regimi autoritari: lo strapotere mafioso.
Nessuna analisi politica (o filosofica) può oggi far finta di ignorare la presenza della criminalità organizzata all’interno della “stanza dei bottoni” nella maggioranza degli stati. Come ai tempi del nazismo i governi sono in mano a criminali che, ancor oggi, creano anche guerre segrete per poter appropriarsi di mercati lucrosi, siano essi droga o miniere. Al nazismo si è sostituito il Mafiascismo che caratterizza i governi dove la lotta alla criminalità è solo formale o verbale. Quando c’è.
Francesco Nicolosi Fazio