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Negli anni Novanta del secolo scorso, una studiosa palermitana della letteratura italiana di autori siciliani ha pubblicato un libro intitolato “Nel segno dell’Etna”. Vi si trovano commentati gli Autori della provincia catanese Capuana, Verga, De Roberto, Brancati, Aniante, (i poeti Martoglio, Villaroel, Guglielmino), Patti, Pasqualino, Addamo, Bonaviri, Ronsisvalle, Mazzaglia, e il filosofo Sgalambro. Ma quello che viene evidenziato dalla saggista è un dato che, proprio perché evidentissimo, potrebbe sfuggire anche all’attenzione di chi ha buone nozioni della storia della letteratura italiana contemporanea, particolarmente del periodo che inizia dagli anni 1860 dell’Unità d’Italia per proseguire lungo il Novecento.
Ebbene? Si comincia col chiedere cosa resterebbe alla storia della letteratura italiana di fine Ottocento / primi decenni del Novecento, se mancassero i nomi dei catanesi Capuana, Verga e De Roberto.
Il resto ciascuno potrà valutarlo alla luce di questo cenno.
Un cenno che lascia fuori Pirandello, Quasimodo, Vittorini e, via-via, da Tomasi di Lampedusa a D’Arrigo e Sciascia fino ai nostri giorni di Buttafuoco, in quanto siciliani ma non catanesi. L’argomento è dunque il territorio etneo e i suoi scrittori.
Ed ecco il tema: Questo privilegio del “Segno dell’Etna” continua nel Terzo Millennio? Ci sono indizi più o meno evidenti di promesse che si possa azzardare, con ottimismo augurale, di definire continuatori di una civiltà di scrittori / scrittrici, per adesso esordienti, meno affermati, o già affermatissimi, eredi dei grandi letterati del passato remoto e prossimo catanese?
È la domanda – anche se in forma di premessa per ulteriori approfondimenti e precisazioni in altre sedi – cui cercheremo di dare una risposta approssimativa attraverso una serie di incontri con le nuove leve degli scrittori etnei. Nuove generazioni, considerando Sebastiano Addamo (Catania,1925, ivi 2000) il più recente punto da cui ripartire per approssimarci a una valutazione da proporre per il primo ventennio del Terzo Millennio, in piena epoca internet.
Cominceremo da alcuni esordienti per risalire verso i più noti e già affermati, come è la giovanissima orientalista Viola Di Grado, già “Premio Campiello giovani”, e la di lei madre Elvira Seminara. E con loro Salvatore Scalia, che riteniamo rappresenti il primo solido anello di congiunzione-continuazione con il passato prossimo degli scrittori catanesi già classici, qui citati prima.
Questa iniziativa potrebbe mirare anche a esortare i più giovani, almeno quelli che vivono tuttavia confortati dalla culla magica di internet, a lasciare con regolare e insistente frequenza il fascino della culla elettronica, per curiosare tra il cartaceo dei nonni, dei padri, degli zii etnei e dei “compagni di strada” contemporanei. A cercare il confronto e coltivare curiosità per i “vicini di casa”, di cui spesso non conosciamo il volto cartaceo, fosse solo per confrontarne i tratti rispetto al nostro.
Quel tipo di curiosità che in una giornata afosa di novant’anni or sono spinse Elio Vittorini a prendere un treno a Siracusa per incontrare alla stazione di Catania Francesco Lanza, che a sua volta partiva dalla provincia di Enna per conoscere, appunto, un corregionale “compagno di strada”.
mg