Gentile Ansia, forse dovrei dirti ingentilita, perché ci hai ormai assuefatti alla tua compagnia e non ti occorre più irrompere a sorpresa, ti telefoniamo noi. Tariffa ridotta per gli over 25.
Vedi cosa hai fatto? mi hai già fatto partire con i numeri, perché le nostre vite questo sono da qualche tempo. Statistiche di atteggiamenti e prestazioni. È tutto calcolato, a partire dalla nascita in orario d’ufficio. Monitoriamo calorie e stiliamo elenchi di cose da fare, su calendario, su agenda, su quadernetto dei pensieri che non ammettiamo di tenere perché dà l’aria di essere in difficoltà. Oppure ostentiamo di tenere perché dà l’aria dell’organizzato, dell’aperto alle più recenti pratiche di self-empowerment.
Attacchiamo post-it, puntiamo sveglie, rileggiamo il curriculum per compiacerci dei titoli o per verificare di aver fatto almeno una cosa l’anno. Oppure lo leggiamo per consolarci, per dirci che dopotutto siamo discreti, o per ricordare a noi stessi ch’è ora di darci una mossa. A capodanno scriviamo quell’elenco di propositi che ci aspettiamo realizzeremo nei mesi a seguire. Ma soprattutto costruiamo itinerari biografici mentali secondo cui a ogni età corrisponde una tappa, nel percorso evolutivo/esistenziale, per cui a 25 anni le nostre mamme ci portavano già in grembo e a 30, se non avevano noi, vedevano l’avanzamento di carriera.
Sta’ zitta, disgraziata! provo a dirti, perché questi sono altri tempi, non lo sai? L’adolescenza si è dilatata, andiamo tutti all’università e sosteniamo tirocini, esami di abilitazione, la saturazione del mercato, la crisi, la desensibilizzazione, la diffidenza.
Ti ho in pugno per un attimo ma tu mi spiattelli davanti gli enfant-prodige cooptati dalla NASA prima della laurea, che parlano 5 lingue e noi a crederci geni incompresi.
Gentile. Porca. Ansia. Che hai convinto tutti che c’è un inquadramento, che c’è un punteggio per livelli e se cadi resti fermo o ricominci. Vince chi finisce prima.
Sei persuasiva, quando insinui che un sogno sia sbagliato, che forse non sappiamo ancora cosa sappiamo fare meglio perché la nostra vita è dentro una bolla confortevole e non abbiamo fatto abbastanza esperienze per scoprirlo. Qui sei anche cattiva. Specialmente quando le nostre relazioni pian piano vanno a fare in fondovalle e si è tutti in casa tappati per la pandemia.
Mi accusi di passività, distrazione, conformismo. Mi attacchi così forte con sermoni su cosa sia più remunerativo, premiante, realizzabile, che mi stordisci e mi trasformi in un Lotofago, sperso per le coste libiche a vagare dimentico della propria meta.
Quanto divertente sarebbe lanciarteli addosso i tuoi loti, più disastrosi dei pomodori, deridere il tuo spettacolo e indurti ad abbandonare la scena. Ma tu sei intelligente, ti riorganizzeresti come un virus malcurato. Dopo esserti nascosta al mio occhio, dopo avermelo accecato, fuggiresti via con le tue navi schivando la sassaiola. O forse sono io quello che fugge mentre tu cieca ti scagli nel nulla, ma anche in questo mi confondi e annebbi il confine tra noi due.
Ma sei decisamente tu a soffiarmi in faccia, se per caso qualcuno tocca un tasto delicato, scoperchia l’otre dei venti avversi. Ma Eolo, come la radio, parla una volta sola. Così, quando credo la mia navigazione quieta e sulla giusta via, mi sbalzi, in tempesta, senza pace, perché non sopporti che le cose restino sottocoperta, ti piace vederle volare, mischiarsi, scontrarsi.
Infine, divorarle, farle sparire all’improvviso oltre le tue fauci, ma ti restano sullo stomaco perché sono indigeste, come i pensieri, come gli alberi maestri. Quando sbarco sulle tue coste, gigante troneggi su equilibri precari.
Poi ti fai credere adrenalina, eccitazione, dici che sei un meccanismo adattivo che ci protegge dai pericoli, e invece ci trasformi in mammoni che fanno torte al Gaviscon.
Perché si sa, le cose veramente gravi accadono agli altri, a noi sono riservate solo orde di piccoli cronici problemi. Prima o poi realizzeremo tutti i nostri sogni, si sa, è che le lunghe gavette irrobustiscono e si arriva a destinazione con bagagli più preziosi. Ce la faremo, ma aspettiamoci il peggio, sacrifici, ostacoli, rallentamenti, deviazioni, ci dici dandoti arie profetiche.
A volte ci riesco, sai? a tapparmi le orecchie, a ignorare il tuo canto. So quanto tu riesca a essere illusoria, infingarda. A volte so fregarti anch’io.
So tirarmi fuori dai tuoi scilleccariddi, perché tu sarai anche impetuosa e vendicativa ma io non voglio morire. Accetto anche di lasciarti passare, di osservarti in azione, ma non puoi affondarmi né mangiarmi.
Puoi punirmi, per le mie trasgressioni.
Puoi tenermi prigioniera, questo sai farlo, a lungo. A volte è come una gara a chi resiste di più. Siamo compagne di allenamento, tu tenace nell’inchiodarmi a terra disarmata, ad aspettare che smetta di opporre resistenza. Alla fine smetti tu, e vai a riposare, per rifarti in seguito.
Non credo che io voglia la mia Itaca, come tu dici, giocando a cambiarle ogni volta il nome. Forse a me interessa Scheria, dove posso raccontarti tutte queste balle e sapere di averla fatta franca. Quanto meno perché berrei vino in compagnia, il mio letto non sarebbe vuoto, e qualcuno mi starebbe a sentire. Si dice poi che parlare aiuta a far chiarezza, a mettere in ordine i grovigli, forse verrebbe fuori quel nome che tu mi nascondi sotto luci psichedeliche.
Ansia a misura di supermercati, io non voglio davvero sedere su un trono. Mi andrebbe bene un momento di silenzio, per favore, che devo dirvi una cosa.
Accade che ci fai viaggiare con la tenda tirata sul finestrino, mentre il sole sorge e tramonta in rosa e rossi, mentre le foglie cedono il passo alla neve e poi alla pietra e poi alle insegne. Ci fai viaggiare con in testa una scritta su un biglietto e non sapremmo arrivarci in macchina né guidarvi alcuno. Ci riempi le orecchie di note vocali che chiedono risposte e queste ci passano accanto con segnali di fumo, sperando di attirare la nostra attenzione e insegnarci qualcosa di noi. I nostri sguardi bassi a cronometrare quanto ancora c’è da percorrere. Non lo sapremo mai, perché abbiamo tutti, a parità di capolinea, tratte differenti. Ma se tu non scosti la tenda, non sapremo neppure quali scatti catturare, dove riposare, cosa comprare, cosa spedire, chi invitare, quando chiedere, le parolacce utili. Perché non la meta siamo ma il viaggio.
Quindi Ansia, se vuoi accompagnarmi, vieni pure, ma non gridare. Mi distrai.
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