Ognuno di noi ospita dentro di sé fantasmi atavici, ma l’ospite, si sa, dopo pochi giorni diventa ingombrante. Per ogni donna, si tratta dei modelli umani e di genere tramandati dalle madri/nonne/bisnonne/la comunità intera, attraverso il detto e il non-detto, con il puro e semplice esempio della propria condotta. È un modello che può rappresentare una gabbia o un termine di paragone dal quale prendere le distanze, con pensiero critico e ricerca del proprio sé autentico, per scegliere con lucidità cosa far entrare e cosa lasciare fuori. Questo fantasma, di cui spesso siamo inconsapevoli, è stato rappresentato da un’emblematica maschera bianco-ottico appesa a supervisionare ogni scena, nel corso della rappresentazione dell’opera “Donne. Plurale universale”, scritto, diretto e interpretato dalla talentuosa attrice catanese Laura Giordani, giorno 12 febbraio presso la sontuosa e suggestiva sede della Società storica catanese. Overbooking per la prima catanese, con promessa di replica.

Abbiamo avuto il piacere di conoscere Laura Giordani grazie alle affinità di interessi letterari, da cui è sorto un preziosissimo sodalizio intellettuale: sin da subito lei ci ha dato l’onore di rendersi generosa lettrice e interprete in alcune nostre iniziative culturali e, di contro, da estimatori della sua preparazione e della sua linea creativa, la seguiamo con piacere e interesse nella personale e autonoma operatività sul territorio, a cominciare dalle opere teatrali di cui è autrice. Al termine della rappresentazione si è coniato, un po’ scherzando un po’ no, il neologismo “autattrice” per designare l’attrice autrice dei propri testi.

Come si è già capito, è stata un’iniziativa declinata al femminile, nella passerella di personaggi tra la storia e la fantasia che hanno rappresentato una nota stonata rispetto allo stereotipo prodotto, alimentato e assimilato di generazione in generazione in gran parte dei contesti sociali che ci comprendono. Stereotipi anacronistici e castranti, bugiardi nel pretendersi universali, nel pretendere un universale singolare. I modelli femminili sono probabilmente tanti quante sono le donne. In scena: Clitemnestra, colpevole di aver ucciso Agamennone e l’amante al ritorno da Troia; la saponificatrice di Correggio, che credeva di proteggere i propri figli; una simpaticissima e parecchio ingombrante madre emiliana, ispirata a un racconto di Aldo Nicolai caro alla “autattrice”; una muratora … o muratrice?

Tutte diverse, queste figure, ma tutte problematiche in una narrazione della discriminazione di genere che non vuole assecondare la comune vittimizzazione della donna, donna qui che trova a fatica un proprio spazio e la propria fetta di potere anche a costo di uccidere, riuscendo al contempo a intercettare l’empatia dello spettatore. Laura Giordani mira a mettere in discussione i modelli precostituiti attraverso una narrazione alternativa, quella della donna carnefice. Parola chiave: spezzare le catene.

Preannunciamo ai nostri lettori il prossimo appuntamento in data 5 marzo, presso il pub Mezzaparola (via Landolina 23), con “Rosa, la cantatrice del Sud”, spettacolo musicale su Rosa Balistretri di e con Laura Giordani e Mimmo Aiola. Noi viviamo l’entusiasmo di percepire una Catania viva di fermenti artistici, anche grazie al contributo originalissimo e tenace dei nostri sodali.

Giulia Letizia Sottile