L’articolo che segue altro non è che l’illustrazione, direi letteraria oltre che tecnica, facente parte del progetto di cui fui incaricato nel 2005 dal Comune di Acireale, per il quale fui pagato, ma che l’Amministrazione non sostenne con convinzione, preferendo lasciare tutto com’era (e continua a essere). Ma qui non è importante attualizzare: piuttosto, spero, da godere immedesimandosi nella materia della progettazione, come successe a me in quella calda estate.
Progetto di recinzione a armonizzazione ambientale dell’intera struttura della stazione di pompaggio sorgente Miuccio – S.M.La Scala di Acireale.
Illustrazione del progetto
L’incarico conferitomi dalla SO.G.I.P. gestitrice del sistema idropotabile del Comune di Acireale, è importante e delicato perché riguarda uno dei luoghi storici sul mare più antichi e documentati del territorio acese: appare in una vista dal mare dietro un galeone nella carta del Fighera (1680 ca.) da me ritrovata nella Biblioteca civica di Catania; viene identificata dall’Orlandi come la scaturigine del fiume Aci (carta del 1770); il mulino omonimo è citato tra i documenti del sec.XVI raccolti dal Raciti Romeo. Vasta è la letteratura geologica, petrografica, botanica relativa all’imponente strapiombo di materiali vulcanici che la sovrasta. Una spiaggetta di sassi arrotondati, coronata di enormi macigni, si apre sul mare purissimo, investita dal primo sole al mattino, già in ombra dopo il mezzogiorno. La linea di costa viene da sempre modificata sensibilmente da possenti mareggiate e da crolli di prismi vulcanici. Nel 1985 fu avviata dal Genio delle opere marittime una linea di difesa di questo luogo detto anche Testa dell’acqua, creando tra il Mulino e la spiaggetta una penisola vagamente triangolare con massi di cava di notevole mole. Il Comune ha ricavato su di essa una piazzetta sul mare a nord, mentre davanti alla stazione di pompaggio un altro slargo suggerisce simile soluzione. L’impianto di sollevamento, in verità modesto con un fronte di dieci metri, profondo cinque e alto otto, è allineato al canale che, nascosto da verdissimi canneti e sovrastato dalla macchia della Timpa, conduce l’acqua dalla galleria di sbocco, 150 metri a sud, al Mulino, cinquanta metri a nord. La difesa approntata negli ultimi venti anni non ha esorcizzato il pericolo delle mareggiate che riescono, in media ogni lustro, a sferzare sia il mulino che l’impianto di pompaggio. Da ciò la necessità di meglio proteggere quest’ultimo, nell’interesse della SO.G.I.P. provvedendo al contempo a una solida recinzione attualmente inesistente. L’armonizzazione ambientale è l’altro fondamentale aspetto dell’intervento : qui la natura gioca un ruolo frenetico, esclusivo, quindi, salvo il rinunciare a qualsiasi attività umana, vi va posto, com’è avvenuto almeno negli ultimi cinquecento anni, un contrappunto compositivo della stessa intenzionalità delle chiazzette create dal Camilliani per superare il dislivello tra la città e la borgata sottostante di S.M.La Scala, punteggiate con la mole della fortezza del Tocco, con le cappellette votive, idealizzate nel conosciutissimo quadro di Giacinto Platania Acireale saluta il passaggio delle navi di Don Martino di Redin.
Com’è ovvio, tante sono le soluzioni. Quella mia nasce – com’è avvenuto per un’altra opera catanese realizzata nel ’95 – ’98, da una semplice azione compositiva di tipo pittoresco-pittorico, al modo dei quadri di Lorrain, ove tutto si risolve nella luce delle prime sei ore del giorno; poi il piccolo lacerto architettonico perde gradatamente consistenza e il suo pellame di pomici rosse si acqueta: solo la luna può svelarne vaghe linee.
L’ho definito piccolo lacerto architettonico: con una facciata di venti metri, alta nove, profonda otto, altro non è che un muro che recinge sui tre lati sud, est, nord, gli impianti di pompaggio, privo di copertura per esigenze d’intervento tecnico anche dall’alto, privo del quarto lato, il posteriore, perché sostituito dalla scarpata della Timpa. L’opera è in cemento armato con un piede di fondazione non superiore a un metro. L’esterno è però una spessa controparete di pomici rosse. Altro materiale di contrappunto cromatico è il cappellaccio lavico, variante tra il nero e il marron, mentre i larghi gradini sul fronte principale e di collegamento con la spiaggetta, la pavimentazione dello slargo, il bologninato della rampa sul fronte nord, sono in basolato lavico. Il fronte principale, a est, presenta tre fornici: i due laterali, contornati di conci impostati su un alto zoccolo, sono ciechi; quello centrale, distanziato dai laterali dallo zoccolo su cui poggiano due semicolonne binate per lato, con fusti in pomice rossa, e basamenti e capitelli corinzi in pietra bianca, è un nicchione che accoglie due fontanine poste ai due lati da cui sgorga perennemente acqua della sorgente. Esse sono un doveroso tributo all’ambiente di Testa dell’acqua che viene, per esigenze umane, privato di una notevole vena d’acqua dolce.
A sud si ha un fronte, rivolto verso la spiaggetta, chiamato nel progetto Buontalenti in onore del grande Bernardo, caratterizzato da una grande finestra circolare cieca: materiali impiegati, la pomice rossa e il cappellaccio; a nord, una parete con un balconcino cieco a stipiti in pietra bianca, alcuni elementi affioranti dalle pomici (una finestrella cieca a oblò e un arco di mattoni), una grande apertura con stipiti in pietra bianca (nel rendering provvisoriamente otturata) necessaria per l’ingresso di mezzi a ridosso degli impianti; questo fronte viene trattato come una immaginaria superfetazione avente però risultati di equilibrio compositivo. La rampa di accesso alla grande apertura ridisegna l’attuale viottolo abbozzato che serve, non adeguatamente, per accedere agli impianti.
Le pomici rosse, principale materiale e sfondo generale del progetto, oltre che fornire stupende variazioni cromatiche, nel definire le modanature (ad es., i fusti delle semicolonne) non verranno perfettamente levigate pur rispettando i rapporti aurei della composizione: ciò conferirà un ulteriore aspetto pittoresco per stringere un’immediata complicità con la natura. Lo stesso dicasi per le parti trattate col cappellaccio. Solo i pochi elementi in pietra bianca avranno superfici portate a un normale grado di definizione.
Anche se nel rendering e nei disegni fondamentali i volumi appaiono delineati con rette e curve, gli spigoli dell’edificio su tutti i fronti , il tessuto stesso delle murature, assumeranno la scabrosità delle pomici; i contorni sommitali saranno particolarmente irregolari pur mantenendo sommariamente l’allineamento orizzontale.
I larghissimi gradini a est e a sud del manufatto, che si stendono nell’angolo di sudest fino ai ciottoli della spiaggetta, sono concepiti come quasi del tutto in sostituzione della accidentata strettoia attualmente esistente per accedervi: ciò, non solo per rendere più agevole il transito a piedi, ma anche per contribuire all’idea centrale di pittoresco già illustrata.
Giarre, 15 oct 2005 ivan castrogiovanni architetto