-racconto-

Il centro di Catania è un grande teatro a cielo aperto.
Con la pioggia e il cattivo tempo, l’acqua esce dai tombini e ingrossa la via Etnea: un fiume impetuoso, di fango e terra nera, travolge uomini e cose; guai a farsi sorprendere impreparati; bisogna vendere cara la pelle e il passeggio tra il Borgo e la Villa Bellini in quei frangenti può rivelarsi una pessima idea.
Ma col bel tempo il teatro è una magnificenza; e pure i cittadini, che ne onorano orgogliosi la ribalta.
La stella di oggi è Antonio Bellini, omonimo del più illustre Vincenzo, di cui millanta parentela e uguale estro creativo.
Lo zio Antonio mi viene dritto incontro da piazza Università e non posso svicolare.
Mi conosce da bambino; non ricordo che mi abbia dato mai del tu. Del resto faceva lo stesso con mio padre, e si conoscevano da una vita. Nessuna malizia da parte sua: pare che non abbia dato mai del tu a nessuno.
Lo zio Antonio è un pessimista e un visionario.
Se vede un vigile a un crocevia prevede già che ci sarà un ingorgo.
Se i tecnici del comune asfaltano una strada è pronto a scommettere che si prepara una nuova posa di cavi o di tubi.
Forse confonde le cause con gli effetti; ma i fatti sembrano dargli ragione.
Si vanta di essere stato lui, qualche anno fa, ad avere diffuso la notizia del ponte crollato.
I più lo ricorderanno: quel brutto ponte alla fine della via Etnea, sotto il parco Gioieni. Fu lui, a quanto dice, a diffondere la notizia del crollo; le Fake News a quel tempo non erano state ancora brevettate.
E’ un visionario, lo abbiamo detto; ed è anche un maestro di retorica; difficile, se non impossibile, avere con lui l’ultima parola.
Siamo adesso a distanza di pochi metri; lo Zio Antonio punta su di me. Mi ha riconosciuto e non mi lascerà andare; con l’età è diventato bizzoso, e vorrà infliggermi qualche sua nuova mossa dialettica.
Provo a giocare d’anticipo: “Caro Zio Antonio … lei è proprio quel che si dice un burlone”.
Parlo con tono bonario; punto con lo sguardo verso la fine della via Etnea e si capisce che mi riferisco alla storica impresa del ponte; gli sono complice.
“Lei mi sopravvaluta, professore” risponde lo Zio Antonio, preparandosi alla prossima mossa.
Tocca a me parlare; e già penso di essermela cercata.
“Zio Antonio, lei scherza: in una sola mattina tutta la città era pronta a scommettere che il ponte fosse crollato per davvero; non è roba che si improvvisa!”.
Lo Zio Antonio sorride soddisfatto; direi che si aspettava le mie parole e aveva già preparato la mossa successiva.
“Non è stato tutto merito mio …” si schermisce “… anzi, le dirò che il merito mio è ben poca cosa”.
So dove punta ad arrivare: ce l’ha con quel ponte brutto fino all’inverosimile che da consigliere comunale d’opposizione aveva provato a far demolire.
Faccio finta di non capire; alzò le spalle: lascio intendere che il ponte non era poi così male.
Ma qui arrivano i fulmini dialettici dell’ex consigliere comunale.
“Lei ricorda bene quel giorno?” mi chiede senza attendere risposta, “ricorda con quale faccia il suo interlocutore le diede la notizia che il ponte era crollato?”.
Lo ricordo: era una faccia di soddisfazione.
Ma faccio ancora finta di niente; mimo occhi spersi nello sforzo di memoria.
Lo Zio Antonio ha previsto pure questo: “Le rendo il compito più semplice: provi a ricordare lei a sua volta con quale faccia diede la notizia a qualcun altro”.
Vacillo.
Nello sforzo di ricordare, la faccia mi tradisce.
Lo Zio Antonio se ne è accorto e ne approfitta, mi mette all’angolo, dice: “Caro figliolo, doveva essere la stessa faccia che sta facendo in questo momento cercando di ricordare; una faccia di sorpresa ma anche di soddisfazione: finalmente quella mostruosità era venuta giù!”.
E’ vero, la faccia era propria questa; la faccia che avevano tutti quel giorno: di sorpresa e di soddisfazione, per quella cosa mostruosa che finalmente era venuta giù!
Zio Antonio gongola, stima di avere mietuto una nuova vittima con la sua retorica infallibile.
Ma mai sottovalutare un progressista illuminato quale io sono.
“Zio Antonio, ha ragione lei; quello lì è un posto sfortunato …” vorrei citare a beneficio dello Zio Antonio Gli anni perduti di Brancati, ambientato da quelle parti; ma stimo più prudente andare al sodo: “… un posto davvero sfortunato: ha visto adesso il comune cosa ha messo al posto del vecchio ponte?”.
Ora tocca allo Zio Antonio fare una faccia che non vorrebbe: evidentemente sta pensando a quella fontana a forma di acquasantiera che i suoi vecchi compagni di partito hanno messo al posto del vecchio ponte.
Ma il diavolone ha più frecce al suo arco di quanto non pensassi: si fa il segno della croce, contemporaneamente mi schiaccia un occhio, e risponde: “Adesso mi toccherà mettere in giro la voce che è crollata pure la fontana!”.

Ausilio Ignazio Lotti