Non è uscito neanche da qualche settimana, il libro “Bricioli, risi e narcisi” di Renata Governali, ed ecco che riceviamo da quella insensata nuvola di senso che è il social network il messaggio che riportiamo:
“Cara autrice, ti scrive un tuo personaggio,
Certo, non sono manco il protagonista…Solo il negativo contro cui modellare la tua eroina. Ma mi si può liquidare con una analisi per interposta amica, con una diagnosi di narcisismo senza appello, una condanna in contumacia, un apartheid senza uno straccio di Mandela?
Così hai risolto anche la sindrome da crocerossina della protagonista, che si è presa pure la soddisfazione di molestarmi e poi sbattermi in faccia la mia inadeguatezza, senza neanche chiedersi (e chiederti) come ne uscivo io.
Non nego la diagnosi, anche se non capisco perché hanno scelto Narciso per darle un nome. Io non sono affatto innamorato di me. Neanche di me! Tanto meno della mia immagine. Solo… non riesco, non mi sento le forze per amare alcunché, né fuori né dentro. Elemosino qualche spicciolo di questa forza e poi me la gioco con un baro.
Proprio non posso. Impotente, come un Bell’Antonio qualunque.
E non serve ricordami la performance di quella serata… Non è quello. Non è tanto quello.
Semplicemente non posso vivermi. Sento il peso della mia inadeguatezza schiacciarmi come un Sisifo senza volontà, sotto il fardello di questo fiorire di esigenze, questa fantasia di qualità che io non ne posseggo. E dove ho fatto forza, ho scimmiottato, e pure ottenuto, mi accorgo della ridicolaggine del risultato, dell’infantilità del moto, della vacuità del fine.
Vivo in bilico, sul baratro.
Quindi, o mio dio-autore, non potevi aver un po’ di compassione per me? Che fine faccio? Come prendo quella cilecca? Come vi sopravvivo? Rimpiangerò la tua protagonista? O me ne ricorderò con rabbia cieca, la stessa sotto cui seppellisco gli strati dei miei fallimenti? Almeno un po’ di elaborazione… non la meritavo?
E la ragazza non più ragazza, la crocerossina da salvare dalla sua sindrome, non ha forse anche lei qualche tratto di narcisismo, che esercita senza pietà su quel crocerossino cicisbeo di Maurizio?
E i tuoi lettori appagati… credono lor signori di non nutrire in sé un narcisista, benigno o maligno che sia? A me, lettore, capita sempre di scoprire sul mio corpo i sintomi delle malattie mentali descritte dai libri, dai film, dalle storie, come il povero studente di medicina sente su di sé i sintomi della patologia che sta studiando. A loro non capita?
Il dottorino”
Ci siamo ripetutamente chiesti se non si tratti di uno scherzo, di un esperimento social, della ritorsione di un lettore mannaro… Qualcuno, amante della fantascienza, farnetica della possibilità che ormai l’intelligenza artificiale renda coscienti i personaggi di cui scriviamo, capaci di interagire, di porre questioni al loro autore. Oppure, il solito complottista ha adombrato l’esistenza di esperimenti dove si usano i romanzi per creare realtà virtuali in cui rinchiudere una qualche anima, e che qualcuna di esse (lettore o personaggio) riesce a ribellarsi violando il protocollo e chiedendo conto al suo creatore…