Il depistaggio, organico alla strage Borsellino.
Nel dibattito sulla crisi di governo nessuno ha mai nominato la parola mafia, nemmeno l’eufemismo ”criminalità organizzata”. Solo una vile standing ovation al nome dei giudici eliminati con il consenso dei poteri veri del paese. Anche le TV generaliste hanno depistato l’attenzione degli italiani con una azione, formalmente diversa, ma dall’identico effetto. Le reti Rai il giorno 19 luglio hanno aperto i TG con la commemorazione di Borsellino, con servizi ed approfondimenti, anche di eccessiva retorica, che spingevano il telespettatore a cambiare canale. Sovviene una massima del grande Pio Baldelli: “Eccesso di informazione è eccesso di ignoranza”. Le reti Mediaset sono state più coerenti, posizionando in terza fila le commemorazioni. Probabilmente i vertici aziendali del biscione hanno ben presente che, proprio dopo la stagione delle stragi, ci fu la restaurazione berlusconiana, che continuerà pure dopo le molto prossime elezioni. Una sorta di antE-mafia.
Ma tra le alluvionali immagini Rai è sfuggito un grave indizio, forse non colto a dovere. Nel riproporre il primissimo servizio sulla strage di via D’Amelio, hanno pure inviato queste inquietanti affermazioni, rese a pochi minuti dalla strage: “Gli inquirenti hanno perquisito la scuola di fronte il luogo dell’attentato, perché è da lì che è stato comandato il detonatore della bomba”. Nulla di più falso e fuorviante. Nessun inquirente avrebbe potuto né dovuto dare alla stampa un tale importante indizio, se fosse stato vero. Invece anche questa bufala faceva parte del depistaggio, a pochi minuti dalla strage. Evidentemente chi ha “passato” la falsa ipotesi sapeva che il bottone era stato premuto altrove. Da una stanza ad uso dei servizi segreti, dentro il castello Ottoveggio, che domina Palermo.
Non è un caso che il depistaggio è partito quasi immediatamente dopo la strage. Quando il presunto esecutore non riusciva neanche ad imparare a memoria la “mascariata”, anticipata da un “anonimo” disegnino, visto in tv, dove una mano “onesta” raffigurava un devoto di una congregazione. Trovare le menti del depistaggio darebbe alla giustizia le “menti raffinatissime” che le stragi hanno ideato.
Francesco Nicolosi Fazio