La nostra pace malata.

La Protezione Civile italiana confessa candidamente che non le è possibile dotare neanche gli ospedali nazionali di valide mascherine, perché in Italia di mascherine non ne fabbrichiamo più, in quanto per le industrie italiane questa produzione non è conveniente dal punto di vista economico, non offrendo margini di utile alle industrie; pertanto siamo in lista d’attesa con la Cina, che ne ha certamente più bisogno di noi, di questi presìdi. Ecco che la soluzione più logica, per superare in tempi brevi la crisi del COVID 19, non può applicarsi: dotare tutti gli italiani che escono da casa di idonee mascherine al fine di bloccare indubbiamente tutti i contagi. Altro che la follia di estendere a tutti il costoso tampone! Il clima da guerra, e relativi coprifuoco, che ci costringe in casa è anche causato dalla impossibilità di ovviare ad una esigenza utile e molto sentita da tutti gli italiani: le mascherine.

Per fortuna si tratta soltanto di un “clima” da guerra, perché se dovessimo trovarci nella malaugurata ipotesi bellica emergerebbero tutte le incongruenze di una linea economica di 70 anni di governi che non hanno mai pensato al peggio. La tradizione economica della nostra industria di trasformazione, dettata dalla mancanza di materie prime, si è attualmente aggravata con la delocalizzazione, che, per inseguire utili facili (e relativi valzer valutari), ha spostato la produzione in altri paesi, se non altri continenti. Nella programmazione economica dei prossimi anni, che purtroppo non possono escludere un conflitto armato, bisognerà dare priorità alle produzioni strategiche che abbiano anche un fine non pacifico. Per intenderci potrebbe diventare una soluzione logica riprendere una gestione pubblica della produzione dell’acciaio in Italia. Come pure non dovrebbe neanche ipotizzarsi una ulteriore delocalizzazione delle industrie di raffinazione.

Tra le incongruenze del ventennio i nonni ricordavano che, per ribadire le attitudini belliche verbali del popolo italico, Mussolini guarniva i suoi discorsi con tre parole conseguenti, aspre e minacciose: guerra, ferro, fuoco. Si andò alla guerra, ma senza che il ferro (armi) ed il fuoco (energia) fossero in quantità sufficienti per vincerla.

                                                                                  Francesco Nicolosi Fazio