Un clamoroso errore, ad ogni livello.

 Meglio di Silvio Berlusconi, Beppe grillo è entrato nei libri di storia. Il paragone è di vero elogio per una operazione politica, come quella dei 5 stelle, che ha surclassato, sia nei risultati che nelle intenzioni, l’exploit di Forza Italia del ‘94. Beppe Grillo non doveva difendere poteri acquisiti. Ecco che, invece, il “garante” va a difesa del figlio, incolpato di stupro, minando alle basi il motivo stesso della “rivoluzione” grillina: non difendere interessi privati con la politica. Sfruttare, in ogni modo, la propria posizione politica, per un personale interesse, è ancora il marcio di questa repubblica.

Oltre al metodo, si deve anche entrare nel merito dell’errore. Se il giustizialismo è un aspetto poco valoroso delle ideologie più o meno “di sinistra”, un qualunque attacco alla magistratura non è concepibile per un esponente politico che rappresenta, più o meno, un terzo degli italiani. Tutti sappiamo che la giustizia italiana non è la migliore del mondo, ma proprio ora, che non esistono più “porti delle nebbie” e si è finalmente attaccata la mafia, bisogna saper sopportare le alterne fortune giudiziarie, guardando oltre, con l’occhio rivolto ad un auspicabile miglior futuro.

Infine, nel centro del merito, si evince dalle parole di Grillo una visione del rapporto uomo-donna che è ascrivibile a 50 anni fa. Difatti la nostra generazione passava dai segni “da briscola” alle donne, ai pesanti apprezzamenti, sino a qualcuno che organizzava serate con ragazze che erano “ospiti” da immolare alla repressione sessuale. La diffusa violenza (anche politica) di quegli anni si materializzò nei fatti della “villa del Circeo”, evento tragico, partito come una “festa”, dove le vittime erano, da subito, oggetto di violenza sessuale.

Noi sessantenni non possiamo serenamente interpretare l’evoluzione del rapporto uomo-donna  dei tempi odierni. Anche perché, dopo oltre 50 anni di lotta per l’emancipazione femminile, rimanere ancorati al predominio maschile è un concetto più preistorico che anti-storico.

Francesco Nicolosi Fazio