La scomparsa di Romiti mancata occasione di riflessione.

Solo al Presidente Mattarella è stato concesso l’aggettivo “controverso” in occasione della morte di Cesare Romiti. Per il resto un coro ossequioso di sperticati panegirici che continuano a dare delle vicende italiane di fine millennio l’unico commento consentito dai potenti: grazie di esistere! In realtà quello che paghiamo oggi, anche finanziariamente, nasce da una gestione complessiva della cosa pubblica che si fondava (ed oggi?) sulla mistificazione e sulla corruzione, anche delle funzioni del buon capitalismo, che negli altri paesi europei aveva anche una funzione sociale. In Italia tutto il capitalismo invece era sempre alla ricerca di denaro, che riceveva dallo stato e dalle banche. Ancor oggi la mancanza di liquidità, delle poche imprese rimaste, scaturisce dalla “logica imprenditoriale” che si fonda su un concetto: predi i soldi e scappa, meglio all’estero.

Alla morte dell’Avvocato (laurea palermitana) gli eredi aprirono una furibonda lite per impossessarsi del vero tesoro, costituito da immensi capitali all’estero. Negli anni di tali necessari “movimenti” finanziari, era saldamente al comando Fiat proprio il Romiti, che faceva arrivare soldi ad Agnelli: dallo stato, dai libici e dalle banche, grazie soprattutto al mefistofelico Enrico Cuccia, l’uomo che negava sempre di essere siciliano. Il Romiti, forse per crearsi un alibi, dimostrava invece un rigore furioso contro i sindacati. In Germania, in quegli anni, nasceva invece la cogestione, che consentiva ai sindacati di discutere dello sviluppo delle aziende che, inoltre, erano finanziate dal denaro degli stessi imprenditori. Da noi, purtroppo,  c’erano i prenditori.

Il massimo storico del risultato della mistificazione il Romiti lo ottenne con l’organizzazione della marcia dei quarantamila. Nulla di spontaneo ci fu in quella manifestazione; riguardando le immagini si vede l’analogia con le adunate “spontanee” che il presidente Trump organizza oggi nei suoi comizi. Ovviamente nessun giornalista ha ricordato, magari con un dubbio, la vera regia di quell’evento antisindacale, che fu una vera vergogna per la democrazia.

                                                                                  Francesco Nicolosi Fazio