Parole con due t le trovi spesso: hanno un terz’occhio qualche volta lesso. Usarle non conviene, specie adesso che in tutto il mondo è doppio anche il fesso: intendi quel che dico e avrai successo!
TROTTOLA – La prima sorpresa i domenicali del vocabolario la trovano scoprendo che il sostantivo trottola è voce di etimo incerto, anche se per la pace di tutti si è deciso che derivi da trottolare, verbo intransitivo che esige l’ausiliare avere e che è caro a chi descrive il muoversi irrequieto del proprio bambino ai suoi primi passi. Nulla di trascendentale quanto al significato perché essendo la sua caratteristica (della trottola stiamo dicendo) quella di ruotare velocemente intorno al proprio asse (fino a quando dura la carica che le fornisce l’energia), si presta a rappresentare figuralmente una persona che non sta mai ferma. Una curiosità per i cultori dei dialetti è quella che in siciliano il nome corrispondente a trottola è tuppettiru o tuppettu. Quest’ultima è parola che potrebbe rinviare al tuppo, la crocchia, il ciuffo di capelli (una volta tipicamente femminile), raccolti a spirale sulla nuca o sulla testa. Il tuppo (la crocchia) ha spesso una forma conica come la trottola che ha la forma di un cono rovesciato terminante con una punta di ferro, su cui gira. Ma questa nostra ipotesi del tuppo per il tuppettu del siciliano è una ipotesi un poco azzardata, perché la versione di tuppettiru, che lo stesso dialetto siciliano etneo preferisce, potrebbe essere un invito a cercare altrove quanto a etimologia d’ambito dialettale. L’italiano, intanto, usa trottola sia come significante che rinvia al noto giocattolo, sia per dare nome a una nota figura del pattinaggio artistico, che consiste in una serie di rapide rotazioni eseguite sullo stesso punto su due piedi e su un sol piede, in alternanza.
VETTA(1) – Conosciamo tutti il significato di vetta, che rinvia alla parte più alta, superiore, estrema. Vetta è anche cima. L’uso figurativo non ha limiti: dalle più alte vette raggiunte dagli scalatori a quelle di chi da scrittore riceve il premio Nobel, vetta di tutti i premi. Ma, attenzione: in un paranco è vetta il capo della corda con cui si manovra. Ma l’aspetto su cui tornare è, comunque, più spesso una vetta da poter raggiungere in ogni campo di attività umana. Noi adoperiamo vertice per non dire vetta. Vertice di un partito per dire il capo. E allora partiamo da vertice per tornare a vetta e alla sua imprevedibile origine. Vetta deriva dal latino vitta(m) che significa un po’ benda e un po’ nastro (donde bandana). Vitta definisce la voce popolare del nastro che si colloca attorno al capo ai cresimandi. Ed è questo il significato del latino vitta(m), una benda per il capo, cioè per la parte più alta del corpo. Vitta(m) da collegare a vieri, che significa intrecciare o piegare intorno a qualcosa, ed ecco contemporaneamente la filiazione che ha dato la parola vertice e anche per dire vimine, cioè quel ramo sottile e flessibile che cresce in alcune specie di salice, e che, privato dalla sua lieve corteccia, viene adoperato per comporre canestri, ceste, sedili per sedie o poltrone, proprio per la sua flessibilità. (Il potersi piegare, il piegarsi del significato del latino vieri). Una vetta davvero di tanti significati specialmente se si va col pensiero alla bandana che può essere una fascia indossata a coprire le tempie, o un foulard di tessuto leggero e colorato. E torniamo alla benda e alludiamo alla parte alta della sua collocazione ordinaria, alla fronte, al capo, alla sommità, al vertice, alla vetta.
Mario Grasso
- Una nota per informare che non abbiamo dimenticato le voci con due t proprie della lettera U. Né la abbiamo snobbata per la sua colpa di definire gli ultimi. Se fosse stato per questa ragione avremmo preso una cantonata dimenticando che è anche la vocale che propone l’Utile e tutta la sua famiglia di utensili; per non dire della voce che definisce il primo assoluto di tutti i numeri: l’UNO. La verità è altra ed è legata a una piccola e poco nota ragione. Non possiamo dire tutto qui, papale-papale, ma si tratta di una impuntatura della stessa U che nel momento di accogliere le parole dalle mani della Vetta dell’Ordine di tutte le cose, ha rifiutato con fermezza di accettare nella propria famiglia parole con due t. Che mi crediate o no… al momento non posso dire di più.