Parole con due t le trovi spesso: hanno un terz’occhio qualche volta lesso. Usarle non conviene, specie adesso che in tutto il mondo è doppio anche il fesso: intendi quel che dico e avrai successo!
GATTO – Il gatto fa le fusa e l’artigiano il fuso. Ma il gatto non ha mai lavorato. È un gran ruffiano, capace di venirvi a trovare a letto con la scusa di una visita di cortesia, in realtà perché ama starsene al calduccio. Ma se abitate in campagna potete lasciarlo digiuno, lui saprà come procurarsi cibi, anche prelibati, dalle lucertole a qualche passerotto distratto intento a cercare semi tra erbe alte. A dire il vero la fortuna del gatto sono stati i topi, infatti è diventato “domestico” perché veniva allevato per tenere lontani i sorci, di cui va ghiotto anche adesso che i topicidi gli hanno azzerato il mestiere. Comunque bisognerà riconoscere che è capace di grande affetto per noi umani. Per la sua agilità ha continuato a prestare il suo nome a tanti mezzi, senza pretendere diritti d’autore o una tantum di qualche compenso: infatti c’è il gatto delle nevi, che è un cingolato per attraversare strade innevate ma anche tratte paludose, e c’è l’occhio di gatto, detto anche crisoprasio ed è una gemma. Non tutti sono informati sugli antenati del gatto, sulla funzione sacra che gli veniva “commissionata” dai faraoni. E poi la saggezza, di cui ha tale e tanta consapevolezza (o presunzione) da non essersi presentato ai funerali di Buddha, alla cui cerimonia di dolore presenziarono tutti gli animali meno il gatto, appunto, e il serpente.
LETTO – Può sembrare esagerazione ma ci sono anche le cattedre da letto. Una categoria cui non si è mai capito se vi si acceda per aver letto e letto libri e libri o per altra consecutio rerum. Perché il letto dei fiumi e sott’acqua al contrario del suolo dei vigneti che d’autunno è tutto un letto di pampini color’oro antico. Un fenomeno naturale che nulla divide con quello delle cattedre. Viene dopo il letto in quanto mobile costruito per consentire di giacere comodamente per riposare e dormire. Ce ne sono a uno e a due piazze, matrimoniali e a castello. Negli anni sessanta uno scrittore di Naxos (ME) ha pubblicato da Trevi di Roma un romanzo dal titolo curioso: Letto a tre piazze. Tra le componenti del letto vi sono le sponde (e si spiega il ritrovarle lungo i fiumi e rispettivi letti) e i piedi, anche se nessuno ha mai incontrato un letto incedere a piedi, (o si muove di notte perché si vergogna per i suoi quattro piedi?). Non è chiaro. Come non convince chi sostiene che le cattedre da letto, di cui all’incipit di questa divagazione, sono classificate tali perché vi si arriva premiati per la costanza di andare a letto per studio in posizione adeguata a ottenere riposo e cattedra.
Mario Grasso