Su Umberto Barbaro (Acireale, 1902 – Roma, 1959) si dovrebbero aprire due fronti di studio: il primo di carattere esclusivamente letterario e nello stesso tempo di ambito cinematografico, cioè sulla complessità della sua produzione letteraria reativa e saggistica, narrativa, teatrale, cinematografica, critica d’arte; il secondo a sfondo sociologico, di costume locale. Quest’ultimo a mo’ di indagine sulla linea di una città etnea, Acireale, centro che vanta tradizioni culturali e altrettanto pregresse “Grandi Firme”, per dirla con un luogo comune d’altre stagioni culturali della civiltà italiana. Grandi firme che per Acireale potrebbero esser quelle, tra altre che non citiamo per brevità, da Paolo Vasta e Giacinto Platania, Venerando Gangi a Lionardo Vigo, e poi, tutti d’un fiato: Luigi e Antonio Prestinenza, Gaspare Gresti, Umberto Barbaro, Enzo Marangolo, Luigi Grande.
Non che “La città dalle cento campane” sia insensibile verso le proprie “glorie” del passato, tutt’altro. Infatti, solo alcuni anni addietro, col sindaco Alfonso Sciacca, docente e poi preside nel locale Liceo Classico, qualcosa è stato fatto e ben fatto per Paolo Vasta e le sue opere pittoriche che adornano le navate della cattedrale, a sua volta monumento con un sontuoso portale di Placido Blandamonte.
E va bene. Anzi non va bene del tutto se alla memoria di Umberto Barbaro la città di Roma ha dedicato il nome di una via, mentre la Acireale dei suoi natali ha continuato a ignorarlo sino a rimuovere le continue richieste di uguale omaggio toponomastico. Quasi una manifestazione di rifiuto, un voler snobbare il poter vantare di aver dato i natali a uno dei più importanti dei suoi figli, personalità nota in tutta Europa proprio per le sue ricerche innovazioni e realizzazioni in campo cinematografico.
Nel 1987 cogliendo l’occasione di stilare il programma della “Settimane culturali acesi” di cui siamo stati fondatori e alla cui realizzazione abbiamo “accudito” per un decennio, grazie alla sensibilità delle amministrazioni comunali di quegli anni. Nonché alla sensibilità degli amministratori della locale allora Banca Santa Venera, segnatamente dell’avvocato Enzo Merlino, e l’entusiasmo del l’indimenticabile Vito Finocchiaro, funzionario dirigente della locale Azienda di cura soggiorno e turismo, abbiamo realizzato un convegno di studi sulla vita e le opere di Umberto Barbaro. Del convegno, l’anno successivo (1988) abbiamo pubblicato tutti i contributi in uno dei fascicoli bimestrali del nostro Lunarionuovo, di cui venivano diffusi duemila volumi a ogni scadenza.
Nel detto monografico su Umbetro Barbaro Lunarionuovo n. 48, le intere 120 pagine accolsero i suddetti contributi scientifici del convegno, precisamente in ordine alfabetico, saggi inediti degli studiosi di chiara fama e docenti universitari degli atenei di Roma, Firenze, Salerno e Bari: Alessandra Briganti, Paolo Buchignani, Arcangelo Leone De Castris, Mario Musumeci, Mario Sechi, Lucia Strappini, Mario Verdone e Pasquale Voza.
Il convegno venne ignorato dalla elite culturale acese malgrado la generose cronache offerte dal quotidiano locale. Ma, strano destino, a distanza di 25 anni, sullo stesso quotidiano delle puntuali cronache sul convegno e della pubblicazione dei relativi atti, ecco che, sulla pagina della cultura, del 7gennaio 2012 un articolone di Franco La Magna intitolato: “Umberto Barbaro, quell’intellettuale acese dimenticato” che definisce “fantasma” il convegno del 1987, ignorando inspiegabilmente il volume con gli atti.
Precisammo subito sullo stesso giornale e così abbiamo potuto dedurre che l’autore dell’articolo a suo tempo era partito da Catania per assistere ai lavori presso i locali della Azienda di cura delle Terme di Acireale, avendoli scambiati, a motivo della parola “cura”, ricavata dalla cronaca, come sede dello svolgersi del programma. In realtà i due giorni del convegno si svolgevano in tutt’altri locali, quelli della Azienda di Cura Soggiorno e Turismo, ubicati all’altro estremo confine nord della città. Evidentemente era stato anche male informato da chi non era informato del convegno o non ne aveva colto la importanza o chissà quale altra misteriosa ragione. Episodio non unico ad Acireale, infatti in occasione di altra edizione delle Settimane culturali acesi e della presenza di Jurji Lotman per ben nove giorni ad Acireale, dal telefono della locale Accademia la voce di una gentile signora aveva risposto, con stile garbato, a chi aveva chiamato dall’Accademia dei Lincei che non era a conoscenza di alcuna presenza del tale Jurji Lotman in città. I lincei però non si fermarono alla disinformazione e si rivolsero a centralino dei Vigili Urbani che risposero leggendo all’interlocutore l’intero programma culturale degli incontri e confermando che Lotman era già presente in città. Questa è storia.
- La tenacia di un operatore culturale specialista in cinematografia, Mario Patanè, che nella confinante Acicatena ha negli anni appena scorsi continuato con eccellenti occasioni di convegni sul cinema, ha consentito di interrompere la protervia dell’oblio verso la figura e le opere di Umberto Barbaro. Patané per prima mossa ha costituito una Associazione col nome dell’illustre acese e, perseverando lungo altri anni in vani tentativi per ottenere l’intestazione onomastica di una via acese senza ottenere alcuna udienza, finalmente si è visto sponsorizzare dall’attuale amministrazione comunale il patrocinio per un convegno di due giorni e il lancio di un premio cinematografico intestato a Umberto Barbaro. Un programma in due giorni, 14 e 15 settembre p.v. snello ma importantissimo con relatori due studiosi specialisti romani, i figli dello scrittore e artista celebrato e personalità rappresentative di un paio di istituzioni culturali acesi, tra cui la prestigiosa e a antichissima Accademia Zelantea retta da Giuseppe Contarino, giornalista e autore di pregevoli opere teatrali.
A caval donato non si guarda in bocca, dice la sapienza popolare, ma non può sfuggire ad alcuno un particolare molto significativo: Mario Patané non è acese ma di Acicatena; Il prima citato Giuseppe Contarino, attuale rettore dell’Accademia Zelantea, non è acese ma anch’egli originario di Acicatena; l’attuale sindaco non è acese, ma di Aci SantAntonio; il professore Rosario Faraci, docente nell’Ateneo catanese e attuale presidente della Fondazione Teatro Bellini, è di origini gelote; di Gela erano la mamma e il papà. Orazio Faraci infatti è stato l’indimenticabile direttore della sede acese di un Istituto regionale di credito e ha lasciato di sé bei ricordi in tutti i settori della vita civile locale. Il professor Rosario suo figlio maggiore, adesso acese di adozione, ne perpetua e rispecchia l’affabile indole.
E anche stavolta diciamo che va bene. Ma a noi, che per Acireale abbiamo operato non poco, prima di trasferirci sazi e con discrezione a Catania, adesso cooptati a componenti della rosa dei suddetti relatori, probabilmente perché Patané si è ricordato del convegno del 1987 e della cura degli atti che ci hanno impegnato al momento di esitarli in volume. O ancor più probabilmente per averci gratificato attribuendoci la presidenza onoraria dell’Associazione pro Barbaro da lui fondata e qui prima citata, resta qualche dubbio come tarlo: quale accoglienza riserveranno gli acesi-acesi a una “imposizione” culturale proveniente da NON ACESI? E per un premio che porta il nome di un artista e intellettuale di fama europea ma che non hanno smesso di rimuovere dalle loro memorie e interessi culturali?
Mario Grasso