Dalla Francia de’ “i cugini d’Oltralpe” di quella volta – Anni Quaranta dell’Ottocento – qualcuno, rimasto famoso per la frase indirizzata all’Italia, non esitò a definire il nostro Paese “Terra dei morti”. Le reazioni italiane ci furono e di forte risentimento. Ma quello che si assunse la briga di rispondere con le rime fu Giuseppe Giusti, con versi satirici di una poesia che, dopo un secolo e tre quarti d’altro secolo, intriga chi ancora si dispone alla lettura nei giorni di internet e WahtsApp.
Giusti era avvocato ma non esercitò mai la professione forense; fu letterato e scrittore. A dargli atto dell’indole di “difensore in giudizio”, si potrebbe citare proprio la poesia suddetta. Che, a leggerla – per chi ancora oggi legge (o rileggere per chi l’aveva letta tanti anni prima in Terza Media)
– è un divertimento, nel senso etimologico della parola.
Ne citiamo un paio di versi, quelli che giovano a dare un significato a questa divagazione. Sono quelli in cui Giusti, con sarcasmo graffiante, dice rivolto agli italiani per rispondere causticamente ai francesi: “Di Libertà, di Gloria, / Scheletri che v’importa?”. Ovviamente, come già detto, il sarcasmo è a carico dei francesi e di chi aveva in mala fede indirizzato all’Italia la frase offensiva. Nell’originale della poesia suddetta sono distinte da maiuscole tre parole. Ma forse solo due, perché essendo Scheletri la voce iniziale di verso seguente, potrebbe essere stata scritta con maiuscola per la coerenza di omologare la grafica alla consuetudine del verseggiare. Insomma, si capisce che le “categorie” cui il poeta dava importanza esponenziale in quell’occasione erano: Libertà e Gloria. Cioè la condizione di essere liberi e la buona fama, il più grande onore che si ottiene per meriti eccezionali. Terremo presente che dal 1840 (e dintorni) ai nostri giorni, non sono state poche le parole che hanno modificato il loro significato. Alcune, addirittura, lo hanno perduto. Certo, tra i significanti della famiglia di parole di cui fa parte Libertà, ci sono anche libertino e libertinaggio. Ma non siamo a questi punti di riferimento.
Per gloria è tutto diverso, perché tra diminutivi e vezzeggiativi c’e disponibile la gloriuzza di chi, per esempio, finisce la propria carriera da ministro, sottosegretario, onorevole.
2 – La nostra divagazione potrebbe essere considerata “già conclusa” col primo paragrafo. Ognuno probabilmente e auspicabilmente potrà trovarvi qualche significato adattabile all’attualità. Ma il discorso continua, perché potrebbe, tra altro, sorgere un dubbio: tra qualche tempo, quando sarà diverso il campo di bocce, come saranno definiti gli italiani, che tra libertà e gloria, libertinaggi e gloriuzze, si limitano, oggi come oggi, a scanalare tutte le volte che dallo schermo domestico giungono fino a loro notizie e immagini di donne, uomini e bambini inghiottiti, dal mare?
In realtà cambiamo canale perché si tratta di una storia che si ripete, che abbiamo visto fino alla noia, fino all’abitudine, sicuramente. Ma più probabilmente, cambiamo canale per rimuovere la consapevolezza subliminale che preme col farci concludere come il mare delle decine di migliaia e migliaia di vittime muore affogata nelle stesse acque dei nostri bagni d’estate, nelle stesse acque dei nostri sport di pesca subacquea.
La nostra generazione ha incollato come nominatore del Novecento l’etichetta Secolo breve e imposto per denominatore la didascalia: Lager–– Campi di sterminio – Hiroshima – Nagasaki. Abbiamo trascurato, fino a oll’obliarlo, che il Novecento è stato il secolo del Piede sulla Luna e di Internet. Come a dire che non contano i meriti delle scienze e delle tecniche ma gli obbrobri dei comportamenti umani.
La coerenza a tale principio non potrà che farci meritare dai posteri l’etichetta, per questa volta non più generalizzante come per il Novecento, ma nazionalizzata e dedicata a noi italiani: Porti chiusi e scafisti. E potrebbero essere i soliti cugini d’Oltralpe a coniare e incollare tale definizione sulla scheda a futura memoria degli italiani. Loro, infatti, i cugini d’Oltralpe, discendenti di quell’Arouet che si faceva chiamare Voltaire, ramificano in un territorio che non è bagnato dal mare per tre quarti della sua superficie nazionale. E possono giudicarci, continuando a vantare grandeur sotto l’ombrello afflosciato sul cui telo adesso logoro si sono scolorati i disegni di libertà, uguaglianza, fraternità.
Ma non solo: a svantaggio, ancora una volta per noi italiani permarrà l’ospitare nel territorio nazionale l’autorità religiosa e la voce dello Stato Vaticano delle eterne grane asfittiche di potere nonché di quelle pregnanti e pedofile e bancarie seguite a quelle già perdonate dell’Inquisizione. Lo Stato Vaticano, nelle cui insegne cristiane campeggia la scritta “Ama il prossimo tuo come te stesso”. Frase dettata da probabile stato d’ebbrezza e di cui, comunque, si perdona l’autore, in quanto, ai suoi tempi, non aveva letto Freud, perché ne era antenato.
Mario Grasso