Dove c’è già COSA NOSTRA.
Sicilia primi anni ’80, sdraiato sulla spiaggia solitaria fui quasi calpestato da un’orda che veniva dal mare. Era uno sbarco nella spiaggia, creduta deserta. Alla fine della corsa dei migranti mi alzai, mi rivolsi con lo sguardo ad un concittadino che presidiava la spiaggia, vestito di nero. Con un ampio gesto semicircolare del braccio lo tranquillizzai e mi sdraiai con fare sereno, come dire “Tuttapposto!”. Anni dopo lo rividi nel suo ristorantino, capii che era un “cursoto”. Già allora la mafia coordinava gli sbarchi. Già allora qualcuno li aiutava a casa loro: cosa nostra.
Finalmente si apre il processo per l’uccisione del Presidente Sankara, avvenuta negli stessi anni ’80 nel Burkina Fasu. In un suo discorso all’ONU del 1984 (di cui non restò traccia scritta) il “Che Guevara d’Africa” denunciava il meccanismo di sfruttamento, guerre e terrorismi che imprigionano il continente nero. Il concetto che lì espresse Sankara è semplice: nessuno lascia il suo paese se non perché è costretto, nessuno dovrebbe lasciare il suo paese, ma lottare per migliorare il suo futuro. Il “Che d’Africa” fu eliminato da una congiura internazionale, complici le mafie “locali”, congiura che ottenne l’obbiettivo di non modificare lo “status quo”, ancora vigente.
L’Africa è luogo di sovrappopolazione e diffusione di epidemie. Se l’OMS avesse un minimo di utilità dovrebbe fare modesti investimenti per fornire di profilattici la gran parte del “terzo mondo”. Ma se il malato guarisce, il medico corrotto perde il paziente. La mafia non approverebbe.
Francesco Nicolosi Fazio