Il riscatto di un Nobel discusso

Camilo José Cela nella prospettiva di Carmelo Nicosia

 

Brillante e approfondito studio è quello di Carmelo Nicosia sulla figura sempre discussa dello scrittore premio Nobel per la Letteratura (‘989) Camilo José Cela (1916-2002), racchiuso in “La personalità poliedrica ma controversa di Camilo José Cela” (Prova d’Autore) con un finale ulteriore zoom sul romanzo “La colmena” (in Italia noto come “L’alveare”) in quanto «metafora edulcorata della Spagna franchista».

Attenzione particolare è stata conferita dal puntuale saggista al background storico, al fine di poter meglio comprendere il panorama letterario degli anni turbolenti dalla guerra civile alla morte di Franco e da allora sino ad oggi, da un lato, e le stesse contraddittorietà imputate a Cela. A confermare l’ormai nota e triste condizione che finisce per caratterizzare ogni paese in guerra, quella di un totale arresto culturale, è la totale rottura tra le produzioni di chi in Spagna restava e di chi, a forza o per propria scelta, ne fuoriusciva. Nicosia non dimentica però di sottolineare il ruolo cruciale ricoperto da molte riviste, che, dietro le più svariate tattiche per la sopravvivenza – tra cui anche la preventiva parziale autocensura – riuscivano a portare avanti innovazioni culturali dal panorama internazionale e a tener viva la cultura, anche delle realtà locali.

Sotto la censura spietata di un regime clerical-falangista, fa osservare Carmelo Nicosia, chi restava veniva perseguitato o doveva ricorrere a camuffamenti. È in questo contesto che fiorì particolarmente il realismo – di cui Cela fu importante promotore – nelle sue più svariate sfaccettature, insieme alle tecniche tipiche del surrealismo letterario, che, come quello in ambito artistico, ne condivideva le tematiche – a partire da quella sessuale – a dispetto dei formalismi e dei bigottismi imposti dall’egida del connubio Chiesa-Regime. Una di queste era la distorsione della realtà stessa, gli accenni mai del tutto chiariti, l’adombramento delle ragioni socio-politiche alla base della miseria e della povertà denunciate insieme all’ipocrisia, al parassitismo, alle brutali tecniche poliziesche del regime franchista con i suoi immotivati arresti. Ma sono brevi e veloci svelamenti subito sviati. Cela si distinse per una trovata del tutto celiana che passò sotto il nome di “tremendismo”, «stilizzazione del particolare forte» che ricorre al grottesco, al crudo, all’iperbolico.

Molti aspetti su di lui fecero discutere, annota Nicosia e mette in risalto come, in politica, gli fu sempre condannato l’aver preso le parti del franchismo, tuttavia si distinse anche per un anticlericalismo allora tipico dei repubblicani. Ma le contraddittorietà erano nell’epoca stessa, che vedeva combattere, al fianco dei nazionalisti, allo stesso tempo cattolici e nazifascisti (paradosso stando al messaggio evangelico, non poi così tale stando alla sua attuazione pratica di sempre). Dal fronte franchista sarà delatore all’Investigacion y Vigilancia e più tardi censore di riviste – per necessità economiche e con minimo danno, aveva puntualizzato, allora, Cela. Fu forse suo contrappasso l’allora censura di uno dei suoi più importanti romanzi, “La colmena”, nel 1946. Tuttavia lui collaborò con scrittori in esilio, si batté per la sopravvivenza delle culture locali come quella catalana e gallega, fu presidente dell’Associazione di Amicizia Spagna-Israele e, con la caduta della dittatura, fu nominato senatore per il periodo di transizione alla democrazia, sino alle elezioni del ’79, battendosi per la riconciliazione del paese.

Aveva una «visione aristocratica della storia e della civiltà», ci informa l’autore del saggio, «di certo non si battè per il principio dell’uguaglianza», avendone una «concezione alquanto utopistica», eppure, distingue ancora acutamente Nicosia, sembrava sensibile alle istanze dei più sfortunati, nelle caratterizzazioni personologiche dei suoi romanzi, mostrando di comprenderne sofferenze e rivendicazioni, arrivando a teorizzare un livellamento delle condizioni economico-finanziarie delle famiglie spagnole a colmare il gap ricchi-poveri. Sono forse le contraddizioni dei personaggi stessi, tra coloro che soffrono e quelli che dicono che «chi non lavora non merita compassione». Gli operai sono indiscriminatamente tutti comunisti.

Fu poi un franchista anomalo, che reputava a tratti la guerra «necessaria perché ci sia meno gente che fa i suoi comodi e gli altri possano mangiare un po’ meglio», a volte che «questa della guerra è una vera barbarie. Tutti perdono e nessuno fa fare un passo avanti alla cultura».

Sul versante letterario a “La colmena” fu negato lo statuto di romanzo realista, a dispetto anche della dichiarata tesi di Cela sull’inesistenza dei generi letterari. I critici sarebbero stati liberi di dare tutte le etichette che preferivano alla sua produzione. Si diede persino al romanzo sperimentale, facendo uso della scrittura automatica, e alle contaminazione dialettiche. Sempre sul versante linguistico, uno dei suoi meriti fu il contributo alla letteratura erotica con “Diccionario Secreto” («approfondita analisi etimologica e filologica di termini attinenti alla sfera sessuale, prima vietati dall’accademismo e dalla morale»). Non era dunque autore che potesse essere facilmente accomunato ai suoi contemporanei ad un’univoca corrente letteraria.

Sulla scia della diatriba realismo sì-realismo no, altra critica fu quella di cogliere il pretesto della letteratura per esposizioni ideologiche. Tuttavia, lo stesso Lukàcs dice che «non esiste artista che nella sua rappresentazione della realtà non si esprimano al contempo anche le sue opinioni, le aspirazioni e i desideri nostalgici». Carmelo Nicosia, insomma, ribadisce, opportunamente la necessità della prospettiva e infatti, spiega, giungerà poi il post-modernismo a sancire «non ci sono fatti, ma solo interpretazioni».«Certamente l’uso dell’ironia comporta un giudizio di valore» ma non si può certo dire che Cela miri al naturalismo.

Dibattuta risulta anche «la sua presentazione vaga della realtà». A causa della censura, dell’opportunismo o per stile? Pare le argomentazioni propendano per la terza opzione. In ogni caso, nulla di inattendibile o di impossibile è rintracciabile nei contenuti celiani, che sono invece il ritratto dell’infida «Madrid degli anni quaranta». Cela è un realista a tutti gli effetti, sebbene un realista del tutto peculiare.

 

Giulia Sottile