FINZI

 di Vincezo Guarracino

“Noi non siamo vecchi ma solo / diversamente giovani”, dice proprio così uno degli ultimi versi dell’ultimo testo della sua ultima raccolta di Gilberto Finzi Diario del giorno prima, edito da Nomos nel 2012. “Diversamente giovani” oggi, all’indomani della sua morte, avvenuta a Milano in una gelida mattina di Natale del 2014, da aggiornare come “diversamente vivi”. Non è retorica: Gilberto, per chi lo ha conosciuto e apprezzato (amato?) in vita, continua a pronunciare attraverso la sua vasta e complessa opera una fede nella vita («Questa è la vita! L’ebete vita che c’innamora…»), nonostante tutto e comunque essa sia, col suo modo sarcastico di amarla, col suo modo di attraversare i casi della vita, della storia, senza illusioni ma non senza miti. 

Perché un mito, sì, Finzi lo aveva e ce lo lascia in preziosa eredità: quello dell’intelligenza, acuta, ironica, determinata a sconfiggere ipocrisie.

Un “angelo ironico con la spada sguainata”, lo si definirebbe con le parole con cui Walter Benjamin aveva definito Leopardi: chiuso nella sua corazza (“un’armatura in cui si rispecchia il mondo”) Gilberto con la sua intelligenza ha sempre riguardato tutto, presente e passato, con l’occhio dell’”uomo che giudica” e che “nel centro del futuro” vede solo “il senso oscuro”, una “profonda notte” (non la sua, quella esistenziale, beninteso, ma quella collettiva della perdita del senso), consegnandoci l’idea che ciò che conta sono “i piccoli spazi tra le cose”, la determinazione a giocare le proprie uniche risorse di infinito nel qui-e-ora col proprio “vulcano in cuore”, incuranti dello “scadimento” di valori, del “fango” che progressivamente minaccia. Con lo spirito del Leopardi di Amore e morte, “erta la fronte, armato / e renitente al fato”.

ADDIO, CARO GILBERTO!

di Mario Grasso

   Scrivo con il pianto in gola per la notizia della dipartita di Gilberto Finzi, cui mi ha legato affettuosa amicizia fin dal 1968 quando avevo cominciato a collaborare con il rotocalco diretto da Davide Lajolo, VIE NUOVE, poi divenuto GIORNI Vie Nuove. Mi firmavo Rigo Mossara. Gilberto allora curava una sua rubrica. Ci incontrammo, appunto a fine Anni Sessanta in redazione, (viale Fulvio Testi) e compresi subito quanta ansia comune ci travagliava. Ma anche quanta passione. Il sodalizio, da allora non si è mai interrotto, più volte ho recensito suoi libri ma molte di più sono state le occasioni di sue autorevoli quanto generose testimonianze che l’Amico “mantovano residente a Milano” mi ha dedicato. Forse questo rituale potrebbe essere una consuetudine tra letterati, Ma la nostra non è stata consuetudine, c’era una profonda intesa che si evidenziava nel mio ammirare in Gilberto il rigore delle scelte, la coerente linea delle sue scritture che impropriamente qui definirò sperimentali. Gilberto ha lasciato impronte del suo stile riconoscibile ad apertura di pagina e i suoi libri pubblicati da Gazanti, saggistica, narrativa, poesia, tutte le sue opere, i suoi interventi critici editi altrove come i suoi preziosi libri di poesia, sono adesso una piramide di occasioni letteraie di prim’ordine che registrano a futura memoria la indelebile traccia del Poeta, del romanziera che innova sul piano della ricerca linguistica, del critico acuto e puntale. Lo scrivo con grande tristezza, ricordando i tanti momenti di sodali incontri a Milano, regolarmente negli anni in cui vi capitavo almeno per due volte al mese, ma poi per tante occasioni di eventi letterari da Sirmione a Ravenna, da Urbino a Torino, e in Sicilia dove Gilberto veniva, anche se  raramente, oltre che per eventi letterari, per altri suoi impegni istituzionali. Parole che vorrebbero far colorare di vivacità i ricordi e la malinconia con cui si susseguono. Addio caro Gilberto!